Prima lettera a Timoteo 5:1-25

5  Non criticare aspramente un uomo anziano.+ Al contrario, esorta lui come un padre, i giovani come fratelli,  le donne anziane come madri, le giovani come sorelle, con assoluta castità.  Abbi considerazione per le vedove che sono veramente vedove.+  Ma se una vedova ha figli o nipoti, questi imparino prima a mostrare devozione a Dio nella propria casa+ e a rendere a genitori e nonni ciò che è dovuto loro,+ perché questo è gradito a Dio.+  La donna che è veramente vedova e si ritrova nell’indigenza ha riposto la sua speranza in Dio+ e persevera nelle suppliche e nelle preghiere giorno e notte.+  Ma quella che si abbandona ai piaceri sensuali è morta benché sia in vita.  Tu continua dunque a dare queste istruzioni, perché siano tutti irreprensibili.  Certo, se uno non provvede ai suoi, e specialmente a quelli della sua casa, ha rinnegato la fede ed è peggiore di uno senza fede.+  Una vedova può essere inserita nell’elenco a patto che abbia almeno 60 anni, sia stata moglie di un solo marito, 10  sia conosciuta per le sue opere eccellenti,+ si sia presa cura dei figli,+ sia stata ospitale,+ abbia lavato i piedi ai santi,+ abbia aiutato gli afflitti,+ si sia dedicata a ogni opera buona. 11  D’altra parte, non inserire nell’elenco le vedove più giovani, perché quando i loro desideri sessuali si frappongono fra loro e il Cristo vogliono sposarsi. 12  E così attireranno su di sé un giudizio di condanna per non aver rispettato la loro prima espressione di fede. 13  Inoltre, nel frattempo imparano a essere oziose andando in giro per le case, e non solo oziose, ma anche pettegole e invadenti,+ parlando di cose di cui non dovrebbero. 14  Perciò desidero che le vedove più giovani si sposino,+ abbiano figli+ e si prendano cura della casa, per non dare agli oppositori motivi per criticare. 15  Alcune, infatti, già si sono sviate e hanno seguito Satana. 16  Se una donna credente ha delle vedove tra i suoi parenti, le assista, così che il peso non ricada sulla congregazione. Allora la congregazione potrà assistere quelle che sono veramente vedove.+ 17  Gli anziani che presiedono in modo eccellente+ siano considerati degni di doppio onore,+ soprattutto quelli che faticano nel parlare e nell’insegnare.+ 18  Difatti le Scritture dicono: “Non devi mettere la museruola al toro mentre trebbia”,+ e: “L’operaio merita la sua paga”.+ 19  Non dare credito a un’accusa contro un uomo anziano se non vi sono due o tre testimoni.+ 20  Riprendi+ pubblicamente quelli che praticano il peccato,+ affinché questo serva di monito agli altri. 21  Davanti a Dio, a Cristo Gesù e agli angeli eletti, ti ordino solennemente di osservare queste cose senza alcun pregiudizio, non facendo alcuna parzialità.+ 22  Non porre mai le mani affrettatamente su nessun uomo,+ e non essere partecipe dei peccati altrui; mantieniti casto. 23  Non bere più acqua,* ma bevi un po’ di vino a causa del tuo stomaco e dei disturbi di cui spesso soffri. 24  I peccati di alcuni uomini sono noti a tutti e conducono direttamente al giudizio, ma quelli di altri diventano evidenti solo in seguito.+ 25  Allo stesso modo, anche le opere eccellenti sono note a tutti,+ e quelle che non lo sono non possono essere tenute nascoste.+

Note in calce

O “smetti di bere solo acqua”.

Approfondimenti

anziani Nella Bibbia il termine greco presbỳteros è usato soprattutto in riferimento a chi ha una posizione di autorità e di responsabilità all’interno di una comunità o di una nazione, anche se in alcuni casi denota uomini di età avanzata. (Vedi approfondimento a Mt 16:21.) Nell’antico Israele gli anziani avevano la responsabilità di guidare e amministrare il popolo sia a livello di comunità (De 25:7-9; Gsè 20:4; Ru 4:1-12) sia a livello di nazione (Gdc 21:16; 1Sa 4:3; 8:4; 1Re 20:7). Questa è la prima volta che il termine viene usato in relazione alla congregazione cristiana. Come nell’Israele letterale, così nell’Israele spirituale gli anziani avevano la responsabilità di dirigere la congregazione. In questa circostanza gli anziani furono coloro che ricevettero i soccorsi e che ne supervisionarono la distribuzione nelle congregazioni della Giudea.

Non criticare aspramente un uomo anziano Il verbo greco reso “criticare aspramente” significa alla lettera “infliggere colpi”. In questo versetto è usato in senso figurato per trasmettere l’idea di “rimproverare con durezza”, “punire con le parole”. Paolo ricorda al giovane Timoteo che, pur avendo un certo grado di autorità, non doveva abusarne trattando male gli altri (1Tm 1:3). Erano soprattutto gli uomini avanti con gli anni a meritare che Timoteo mostrasse loro compassione e rispetto (Le 19:32; vedi l’approfondimento esorta in questo versetto).

un uomo anziano Questa espressione traduce il termine greco presbỳteros. In italiano, la resa “un uomo anziano” (dove “anziano” è aggettivo) invece di “un anziano” (dove “anziano” è sostantivo) vuole far capire che qui presbỳteros si riferisce letteralmente a chi è avanti con gli anni, non a chi ricopre incarichi nella congregazione. È il contesto che lo suggerisce, dal momento che in questo versetto il termine è usato in antitesi con “giovani”. Comunque altre volte è utilizzato per riferirsi a coloro che all’interno della congregazione hanno autorità e responsabilità (1Tm 5:17; Tit 1:5; vedi approfondimento ad At 11:30). Il senso del versetto è che, se qualcuno avanti con gli anni (soprattutto se serviva come anziano) avesse avuto bisogno di correzione, Timoteo, che era più giovane, avrebbe dovuto “[esortarlo] come un padre”.

esorta Il verbo greco usato qui da Paolo (parakalèo) trasmette l’idea di mostrare interesse verso qualcuno incoraggiandolo e consigliandolo gentilmente. (Vedi l’approfondimento a Ro 12:8, dove lo stesso verbo greco è reso “incoraggia”.) Quindi Paolo invita Timoteo a promuovere nella congregazione cristiana un’atmosfera affettuosa, come quella che dovrebbe esserci in una famiglia (1Co 4:14; 1Ts 2:7, 8). Anche quando era necessario dare consigli, Timoteo non doveva trattare nessuno con durezza.

incoraggia O “esorta”. Il verbo usato qui (parakalèo) significa letteralmente “chiamare a sé”. Ha un significato ampio e viene usato nel senso di “incoraggiare” (At 11:23; 14:22; 15:32; 1Ts 5:11; Eb 10:25), “confortare” (2Co 1:4; 2:7; 7:6; 2Ts 2:17) e in alcuni contesti “esortare” (At 2:40; Ro 15:30; 1Co 1:10; Flp 4:2; 1Ts 5:14; 2Tm 4:2; Tit 1:9, nt.). Lo stretto rapporto che c’è tra esortazione, conforto e incoraggiamento indica che un cristiano non dovrebbe mai esortare o consigliare qualcuno in modo duro o aspro.

caste O “pure”. Il termine greco originale significa puro e santo non solo per quanto riguarda i comportamenti (in ambito sessuale o d’altro genere), ma anche per quanto riguarda pensieri e motivi (Sl 24:3, 4; Ef 5:3; 1Tm 4:12; 5:2; Gc 3:17; 1Pt 3:2).

con assoluta castità O “con assoluta purezza”. Il termine greco reso “castità” si può riferire alla purezza non solo nei comportamenti (in ambito sessuale o d’altro genere) ma anche nei pensieri e nei motivi (1Tm 4:12; vedi approfondimento a Flp 4:8). Timoteo doveva trattare le donne cristiane più giovani come se fossero sue sorelle carnali. Con loro, così come con tutti gli altri compagni di fede, doveva rimanere completamente casto, cioè puro nei pensieri, nelle parole e nelle azioni (Gb 31:1).

degni di doppio onore Tutti i cristiani devono mostrare onore e rispetto gli uni verso gli altri (Ro 12:10; Flp 2:3). Ma qui Paolo indica che agli anziani, che si danno tanto da fare, devono mostrare doppio o ulteriore onore, seguendone le indicazioni e imitandone il buon esempio (Eb 13:7, 17). Il versetto successivo (v. 18) indica che l’espressione “doppio onore” potrebbe includere aiuto materiale in caso di bisogno. Questo, però, non vuol dire che gli anziani dovrebbero ricevere uno stipendio. Paolo, infatti, dando l’esempio, lavorò per mantenersi, come aveva spiegato agli anziani di Efeso (At 18:3; 20:17, 34; 1Co 4:16; 11:1; 1Ts 2:6 e approfondimento, 9).

Abbi considerazione Lett. “onora”. Questa espressione potrebbe anche essere resa “continua a onorare”. Paolo dice a Timoteo che le vedove, spesso povere e indifese, devono essere trattate con rispetto e aiutate con premura e amore. Stando ad alcuni lessici, in questo contesto il verbo usato qui da Paolo può includere l’aiuto materiale. (Confronta Mt 15:5, 6; At 28:10; vedi approfondimento a 1Tm 5:17.) Molti racconti della Bibbia indicano che Dio ama e onora le vedove fedeli, come fece ad esempio con Naomi, Rut, la vedova di Sarepta e la profetessa Anna (Ru 1:1-5; 2:10-13, 19, 20; 4:14, 15; 1Re 17:8-24; Lu 2:36-38).

vedove che sono veramente vedove O “vedove che sono veramente nel bisogno”, cioè senza qualcuno che provveda a loro.

devozione a Dio O “santa devozione”. Il termine greco usato qui, eusèbeia, fa riferimento a un senso di riverenza e di profondo rispetto nei confronti di Dio; per questo motivo la parola “Dio”, anche se non compare nel termine originale, è stata esplicitata. (Per una trattazione del termine greco reso “devozione a Dio”, vedi approfondimento a 1Tm 4:7.) Questo stesso termine a volte viene usato anche nella Settanta. Per esempio compare in Isa 11:2 e 33:6, dove il testo ebraico usa l’espressione “timore di Geova”, che si riferisce ugualmente a profondo rispetto per Geova Dio. Quando nel V secolo fu realizzata la Pescitta, traduzione della Bibbia in siriaco, in 1Tm 2:2 il termine greco eusèbeia fu reso “riverenza verso Dio”, con l’esplicitazione della parola “Dio”. Sulla stessa falsariga, alcune successive traduzioni in ebraico delle Scritture Greche Cristiane hanno reso eusèbeia con “timore di Geova” sia in questo versetto sia in altri dove compare il termine (1Tm 3:16; 4:7, 8; 6:3, 6, 11). Comunque, il Comitato di Traduzione della Bibbia del Nuovo Mondo ha ritenuto che non ci fossero sufficienti ragioni a sostegno del ripristino del nome divino nel testo principale di questo versetto. (Per altre ragioni prese in considerazione nel valutare se ripristinare il nome divino in altri versetti, vedi App. C; confronta approfondimento a Ro 10:12.)

devozione a Dio Il termine greco eusèbeia trasmette l’idea di profonda riverenza e rispetto che un cristiano esprime a Dio servendolo lealmente e ubbidendogli in modo completo. Ha un significato ampio, infatti fa anche pensare a quell’amore leale o a quell’attaccamento verso Dio che spinge una persona a cercare di fare ciò che piace a lui. Un lessico riassume così il significato generale di questo termine: “vivere come Dio vuole che viviamo”. Paolo fa anche capire che la devozione a Dio non è una caratteristica innata. È per questo motivo che esorta Timoteo a darsi da fare per rafforzare questa qualità, esercitandosi, o allenandosi, come fa un atleta. Poco prima nella lettera, Paolo gli ha ricordato che Gesù Cristo ha lasciato l’esempio più incisivo di devozione a Dio. (Vedi approfondimento a 1Tm 3:16.)

mostrare devozione a Dio nella propria casa Alcune traduzioni in ebraico delle Scritture Greche Cristiane presentano in questo punto un’espressione che potrebbe essere resa “accudire (guidare) la propria famiglia con saggezza e timore di Geova”. (Confronta approfondimento a 1Tm 2:2.) In questa lettera Paolo usa diverse volte il sostantivo greco reso “devozione a Dio” (eusèbeia) che trasmette l’idea di profonda riverenza e rispetto verso Dio. (Vedi approfondimento a 1Tm 4:7.) Qui in 1Tm 5:4 Paolo ricorre a un verbo affine (eusebèo), reso “mostrare devozione a Dio”, per indicare che questa riverenza dovrebbe spingere i cristiani a soddisfare le necessità di genitori e nonni rimasti senza coniuge. Alcune versioni della Bibbia traducono questo verbo con “rispettare” o “adempiere i loro doveri”. Queste rese, però, non tengono conto della motivazione spirituale che spinge i cristiani a svolgere con pazienza, gioia e amore un compito spesso impegnativo ed emotivamente logorante (Ec 12:1-8). Il verbo utilizzato da Paolo indica che questa cura è prima di tutto un atto di riverenza verso Dio e di ubbidienza ai suoi comandi relativi alla vita familiare (Eso 20:12; Mt 15:3-6; 1Tm 5:8; Gc 1:27).

tutto ciò che aveva per vivere Come si deduce dall’approfondimento a Lu 21:2, le due monete offerte dalla vedova equivalevano a 1/64 della paga di una giornata lavorativa. Il lepton era la più piccola moneta usata in Israele a quel tempo. Secondo Mt 10:29, con una moneta da un asse (pari a otto lepton) si potevano acquistare due passeri, gli uccelli più a buon mercato tra quelli venduti come cibo. Quindi questa vedova aveva soltanto la metà della somma necessaria per comprare un solo passero, nemmeno sufficiente per un pasto.

persevera nelle suppliche e nelle preghiere giorno e notte Le parole di Paolo a proposito di una vedova che “[ripone] la sua speranza in Dio” richiamano molto da vicino quello che Luca disse per descrivere la profetessa Anna. Quella vedova avanti con gli anni “non si assentava mai dal tempio, rendendo sacro servizio giorno e notte con digiuni e suppliche” (Lu 2:36, 37). Gesù stesso lodò “una vedova bisognosa”; questa donna, pur avendo solo “due monetine di piccolissimo valore”, ebbe una tale fede in Geova da donarle entrambe al tempio di Gerusalemme (Lu 21:1-4; vedi approfondimento al v. 4). Quello che Paolo dice in questo versetto, così come la menzione di queste donne nei Vangeli, rispecchia l’alta stima che Geova ha per le vedove cristiane che hanno una forte fede.

quella che si abbandona ai piaceri sensuali Il verbo greco usato qui potrebbe riferirsi a chi adotta uno stile di vita edonistico, dedito ai piaceri; può anche indicare qualcuno che ha perso i freni morali. Forse Paolo sapeva che alcune donne cristiane rimaste senza coniuge consideravano la loro vedovanza un’opportunità per vivere una vita di sfarzi. (Confronta 1Tm 2:9.) Comunque, è ovvio che la congregazione non è tenuta ad aiutare materialmente qualcuno che sfrutterebbe la generosità dei fratelli per vivere nell’agiatezza o in modo contrario alle norme morali di Geova. (Vedi approfondimento a 1Tm 5:3.)

morta benché sia in vita Cioè morta in senso metaforico. (Confronta Ri 3:1; vedi approfondimento a Ef 2:1.)

eravate morti a causa delle vostre colpe e dei vostri peccati Nella Bibbia i concetti di vita e morte vengono usati anche in senso figurato, o spirituale. Paolo dice che il precedente modo di vivere dei cristiani di Efeso li aveva resi come “morti a causa delle [loro] colpe e dei [loro] peccati”. Secondo un lessico, in questo versetto l’uso metaforico del termine greco per “morti” descrive la condizione di una persona che è così carente dal punto di vista morale o spirituale da essere praticamente morta. Paolo però dice che per Geova ora quei cristiani unti con lo spirito sono vivi, dal momento che sulla base del sacrificio di Gesù si sono pentiti del loro precedente modo di vivere peccaminoso (Ef 2:5; Col 2:13; vedi approfondimenti a Lu 9:60; Gv 5:24, 25).

Abbi considerazione Lett. “onora”. Questa espressione potrebbe anche essere resa “continua a onorare”. Paolo dice a Timoteo che le vedove, spesso povere e indifese, devono essere trattate con rispetto e aiutate con premura e amore. Stando ad alcuni lessici, in questo contesto il verbo usato qui da Paolo può includere l’aiuto materiale. (Confronta Mt 15:5, 6; At 28:10; vedi approfondimento a 1Tm 5:17.) Molti racconti della Bibbia indicano che Dio ama e onora le vedove fedeli, come fece ad esempio con Naomi, Rut, la vedova di Sarepta e la profetessa Anna (Ru 1:1-5; 2:10-13, 19, 20; 4:14, 15; 1Re 17:8-24; Lu 2:36-38).

istruzioni O “comandi”. (Vedi approfondimento a 1Tm 1:5.)

direttiva O “mandato”, “ordine”, “comando”. Il sostantivo greco, come spiega un lessico, trasmette l’idea di “qualcosa che deve essere fatto”. Paolo si sta riferendo a quello che poco prima ha detto a Timoteo, e cioè di “[comandare] a certi individui” nella congregazione “di non insegnare dottrine diverse e di non prestare attenzione a false storie” (1Tm 1:3, 4). Il termine originale e altri affini ricorrono diverse volte in questa lettera (1Tm 1:18; 4:11; 5:7; 6:13, 17).

provvede Qui si fa riferimento al provvedere in senso materiale. Paolo indica che un capofamiglia deve provvedere al coniuge e ai figli nella misura in cui le circostanze lo permettono. Comunque, alcuni genitori o nonni rimasti senza coniuge potrebbero non essere in grado di soddisfare le proprie necessità a livello fisico. In questo caso i figli adulti sono tenuti a fare quello che possono per provvedere ai loro bisogni. A volte questo può voler dire pensare in anticipo a quali potrebbero essere le loro necessità future e stabilire come gestirle. (Confronta Gv 19:26, 27.) Paolo mostra che, oltre all’obbligo morale, i cristiani hanno una ragione ancora più impellente per applicare questo principio, ovvero piacere a Dio e ricevere la sua approvazione (Eso 20:12; De 5:16; Mt 15:4-6).

ai suoi, e specialmente a quelli della sua casa Nelle due espressioni “ai suoi” e “a quelli della sua casa”, la prima ha un significato più ampio e si riferisce ai parenti stretti, mentre la seconda in questo contesto si riferisce ai componenti dell’immediata cerchia familiare che vivono sotto lo stesso tetto.

ha rinnegato la fede La fede cristiana comprende tutto ciò che Cristo e i suoi discepoli, sotto ispirazione, hanno insegnato. Gesù confermò il comando di Dio “onora tuo padre e tua madre”, e condannò quelli che trascuravano questo dovere (Eso 20:12; De 5:16; Mr 7:9-13). Pertanto il cristiano non può dire di vivere all’altezza della sua fede se non si prende cura della famiglia, che potrebbe includere genitori o nonni vedovi nel bisogno. Se deliberatamente trascurasse questo dovere, sconfesserebbe la propria fede, la rinnegherebbe. Sarebbe peggiore di uno senza fede, ovvero di un non credente che invece si prende cura dei suoi familiari a motivo del naturale affetto che ha per loro (Ro 2:14, 15).

uno senza fede Alcune traduzioni in ebraico delle Scritture Greche Cristiane usano l’espressione “uno che rinnega Geova”. Comunque, dal momento che non ci sono prove che qui nel greco originale ci fosse il nome divino, il Comitato di Traduzione della Bibbia del Nuovo Mondo non lo ha usato nel testo principale di questo versetto. (Vedi App. C.)

può essere inserita nell’elenco Il verbo greco che compare nell’originale veniva spesso usato nella sua accezione amministrativa per indicare registrazioni ufficiali. A quanto pare, quindi, la congregazione aveva messo in atto delle misure per prendersi cura dei cristiani bisognosi, tra cui le vedove cadute in miseria. Qui e nei versetti successivi Paolo fa una descrizione generica delle vedove cristiane che potevano ricevere o meno aiuto materiale dalla congregazione.

abbia almeno 60 anni Qui Paolo menziona un’età che all’epoca era comunemente considerata l’inizio della vecchiaia. Si pensava che a 60 anni una vedova avesse meno probabilità di risposarsi e che potesse fare più fatica a mantenersi.

abbia lavato i piedi ai santi Lavare i piedi degli ospiti era un servizio premuroso e utile, dato che era probabile che questi avessero camminato con i sandali su strade polverose. Ma dal momento che era considerato un lavoro umile, alcuni ritenevano che questo gesto di ospitalità fosse svilente (Lu 7:44). Comunque, una vedova conosciuta per le sue opere eccellenti, tra cui l’aver lavato i piedi ad altri, aveva dato prova di essere umile e disposta a servire. Di conseguenza i suoi compagni di fede sarebbero stati ancora più propensi ad aiutarla nel momento del bisogno (Lu 6:38).

non inserire nell’elenco le vedove più giovani L’indicazione di Paolo è che la congregazione doveva concentrarsi sul dare assistenza alle vedove più in là con gli anni che avevano dato un buon esempio di fedeltà e che avevano davvero bisogno di aiuto materiale. Nei vv. 11-15 Paolo spiega alcune ragioni per cui esercitare cautela nel dare sostegno materiale alle vedove più giovani. (Vedi approfondimento a 1Tm 5:12.)

non aver rispettato la loro prima espressione di fede O “non aver rispettato l’impegno assunto in precedenza”. Questa espressione può lasciar intendere che a Efeso alcune vedove più giovani avevano espresso il desiderio di rimanere single per servire Geova con totale devozione; forse avevano addirittura fatto una sorta di promessa o si erano prese un qualche tipo di impegno. (Confronta 1Co 7:34.) È probabile che di conseguenza la congregazione avrà provveduto loro aiuto materiale. A quanto pare, però, alcune di quelle vedove avevano iniziato a dare la priorità ad altre cose. Stando a quanto dice Paolo, avevano lasciato che “i loro desideri sessuali si [frapponessero] fra loro e il Cristo” (1Tm 5:11). “Nel frattempo”, aggiunge Paolo, stavano manifestando altre tendenze carnali; infatti dice che erano diventate “non solo oziose, ma anche pettegole e invadenti” (1Tm 5:13). Ecco perché nel v. 14 dà ulteriori indicazioni sui modi in cui le vedove più giovani potevano proteggersi in senso spirituale. (Vedi approfondimento a 1Tm 5:14.)

non aver rispettato la loro prima espressione di fede O “non aver rispettato l’impegno assunto in precedenza”. Questa espressione può lasciar intendere che a Efeso alcune vedove più giovani avevano espresso il desiderio di rimanere single per servire Geova con totale devozione; forse avevano addirittura fatto una sorta di promessa o si erano prese un qualche tipo di impegno. (Confronta 1Co 7:34.) È probabile che di conseguenza la congregazione avrà provveduto loro aiuto materiale. A quanto pare, però, alcune di quelle vedove avevano iniziato a dare la priorità ad altre cose. Stando a quanto dice Paolo, avevano lasciato che “i loro desideri sessuali si [frapponessero] fra loro e il Cristo” (1Tm 5:11). “Nel frattempo”, aggiunge Paolo, stavano manifestando altre tendenze carnali; infatti dice che erano diventate “non solo oziose, ma anche pettegole e invadenti” (1Tm 5:13). Ecco perché nel v. 14 dà ulteriori indicazioni sui modi in cui le vedove più giovani potevano proteggersi in senso spirituale. (Vedi approfondimento a 1Tm 5:14.)

desidero che le vedove più giovani si sposino Paolo suggerisce alle vedove più giovani di risposarsi e di prendersi cura della casa, perché questo sarebbe stato una protezione per loro. Se si fossero occupate con impegno della loro famiglia, avrebbero evitato con più probabilità comportamenti non esemplari, tra cui pettegolare e intromettersi con invadenza negli affari altrui (1Tm 5:13; vedi approfondimento a 1Tm 2:15). Inoltre non avrebbero corso il rischio che Paolo menziona nel v. 12, ovvero quello di abbandonare “la loro prima espressione di fede”. (Vedi approfondimento a 1Tm 5:12.)

pettegole La parola greca usata qui deriva da un verbo che significa “bollire”, “traboccare”, da cui il senso figurato di “traboccare in parole”, “parlare a vanvera” o “dire stupidaggini”. Stando a un’opera di consultazione, quelle donne pettegole “chiacchieravano di qualunque cosa venisse loro in mente”. Di per sé chiacchierare del più e del meno non è sbagliato, ma Paolo qui si riferisce al pettegolezzo. Infatti dice che alcune vedove più giovani “[parlavano] di cose di cui non [avrebbero dovuto]”.

lei sarà salvaguardata per mezzo del parto Una donna che aveva figli, che li educava e che si prendeva cura della famiglia poteva essere “salvaguardata” perché tenersi occupata con queste cose le avrebbe impedito di diventare pettegola o invadente immischiandosi negli affari altrui (1Tm 5:11-15). Il duro lavoro svolto per la sua famiglia e qualità come “fede”, “amore” e “santità” le avrebbero permesso di rimanere vicina a Geova.

non aver rispettato la loro prima espressione di fede O “non aver rispettato l’impegno assunto in precedenza”. Questa espressione può lasciar intendere che a Efeso alcune vedove più giovani avevano espresso il desiderio di rimanere single per servire Geova con totale devozione; forse avevano addirittura fatto una sorta di promessa o si erano prese un qualche tipo di impegno. (Confronta 1Co 7:34.) È probabile che di conseguenza la congregazione avrà provveduto loro aiuto materiale. A quanto pare, però, alcune di quelle vedove avevano iniziato a dare la priorità ad altre cose. Stando a quanto dice Paolo, avevano lasciato che “i loro desideri sessuali si [frapponessero] fra loro e il Cristo” (1Tm 5:11). “Nel frattempo”, aggiunge Paolo, stavano manifestando altre tendenze carnali; infatti dice che erano diventate “non solo oziose, ma anche pettegole e invadenti” (1Tm 5:13). Ecco perché nel v. 14 dà ulteriori indicazioni sui modi in cui le vedove più giovani potevano proteggersi in senso spirituale. (Vedi approfondimento a 1Tm 5:14.)

desidero che le vedove più giovani si sposino Paolo suggerisce alle vedove più giovani di risposarsi e di prendersi cura della casa, perché questo sarebbe stato una protezione per loro. Se si fossero occupate con impegno della loro famiglia, avrebbero evitato con più probabilità comportamenti non esemplari, tra cui pettegolare e intromettersi con invadenza negli affari altrui (1Tm 5:13; vedi approfondimento a 1Tm 2:15). Inoltre non avrebbero corso il rischio che Paolo menziona nel v. 12, ovvero quello di abbandonare “la loro prima espressione di fede”. (Vedi approfondimento a 1Tm 5:12.)

partecipare al ministero in soccorso Qui l’espressione “ministero in soccorso” rende il termine greco diakonìa. Nella Bibbia questo termine spesso indica compiti umili svolti per amore di altri. È significativo che venga usato in riferimento al duplice ministero a cui partecipano i cristiani: l’opera di predicazione e le operazioni di soccorso. (Vedi approfondimento ad At 11:29.) Entrambi questi aspetti del ministero cristiano sono forme di “sacro servizio” (Ro 12:1, 6-8). Qui in 2Co 8:4 Paolo si riferisce in modo specifico al portare aiuti ai compagni di fede che sono alle prese con gravi difficoltà (2Co 9:13; vedi approfondimento a Ro 15:31). Per le congregazioni della Macedonia era un privilegio poter partecipare a questo ministero in soccorso dei loro fratelli.

vedove tra i suoi parenti Una donna cristiana aveva il dovere di prendersi cura delle vedove della propria famiglia, per esempio della madre e della nonna. La sua famiglia poteva includere anche altre vedove che erano sue parenti strette e non avevano nessun altro che potesse assisterle.

così che il peso non ricada sulla congregazione Le vedove idonee a ricevere assistenza dalla congregazione dovevano essere considerate preziose servitrici di Dio (1Tm 5:5, 9, 10). Paolo, però, dice che la congregazione non doveva fornire aiuto materiale alle vedove che avevano familiari in grado di prendersi cura di loro, né doveva provvedere aiuto a quelle donne cristiane che non davano un buon esempio (1Tm 5:4, 6, 7, 11-15). Se si fosse occupata di queste vedove non idonee, la congregazione avrebbe rischiato di andare oltre le proprie possibilità in termini di risorse economiche ed energie, o addirittura avrebbe dovuto sottrarle a quelle impiegate per l’opera di predicazione e il “ministero in soccorso” dei fratelli in difficoltà. (Vedi 2Co 8:4 e approfondimento.)

quelle che sono veramente vedove O “quelle che sono veramente nel bisogno”, cioè senza qualcuno che provveda a loro.

anziani Nella Bibbia il termine greco presbỳteros è usato soprattutto in riferimento a chi ha una posizione di autorità e di responsabilità all’interno di una comunità o di una nazione. Uomini anziani, o maturi, dal punto di vista spirituale avevano la responsabilità di guidare e amministrare le città dell’antica nazione d’Israele. In modo simile uomini anziani, o maturi, dal punto di vista spirituale prestavano servizio nelle congregazioni cristiane del I secolo. Questo brano relativo all’incontro tra Paolo e gli anziani di Efeso mostra chiaramente che in quella congregazione c’era più di un anziano. Il numero di anziani di ogni congregazione dipendeva dal numero di uomini che erano idonei perché spiritualmente maturi (1Tm 3:1-7; Tit 1:5-8). Quando Paolo scrisse la sua prima lettera a Timoteo, che a quel tempo viveva probabilmente a Efeso, fece menzione di un “corpo degli anziani” (1Tm 1:3; 4:14).

Prestate attenzione a O “vegliate su”. Geova ha a cuore le pecore del suo gregge perché le ha acquistate con il prezioso “sangue del proprio Figlio”. Non avrebbe potuto pagare prezzo più alto. Gli anziani umili tengono sempre presente quanto Geova ami le sue pecore e vegliano quindi sul benessere di ogni componente del gregge (1Pt 5:1-3).

Gli anziani Paolo aveva già stretto con la congregazione di Efeso un forte legame personale (At 19:1, 8-10; 20:17, 31, 37, 38). Il suo ultimo incontro con gli anziani di quella congregazione risaliva a qualche anno prima (ca. 56), quando il terzo viaggio missionario stava per terminare. (Vedi approfondimento ad At 20:17.) In quell’occasione Paolo aveva enfatizzato quanto fosse importante che i sorveglianti pascessero il gregge di Dio. (Vedi approfondimento ad At 20:28.) Qui aiuta i componenti della congregazione a capire come dovrebbero considerare gli anziani, che si danno tanto da fare per loro.

presiedono in modo eccellente O “dirigono in modo eccellente”. Il verbo greco qui reso “presiedono” significa alla lettera “stare davanti”. (Vedi approfondimento a Ro 12:8.) In senso metaforico gli anziani stanno davanti alla congregazione essendo in prima linea nell’insegnare, nel proteggere il gregge dai pericoli di natura spirituale e nell’aiutare ogni singolo componente a rimanere vicino a Geova. Anche dei padri viene detto che ‘dirigono’ la propria casa (1Tm 3:4). A volte è necessario che in una faccenda prendano la decisione finale e che stabiliscano delle regole in relazione a questioni strettamente legate alla loro famiglia. Gli anziani, però, non hanno la stessa autorità che ha un capofamiglia (2Co 1:24; Gal 6:5). Con modestia riconoscono che il capo è Cristo e rispettano il suo ruolo riflettendone le qualità, in particolare l’umiltà, nel modo in cui trattano il gregge (Mt 20:24-28; Gv 13:13-16; Col 1:18).

degni di doppio onore Tutti i cristiani devono mostrare onore e rispetto gli uni verso gli altri (Ro 12:10; Flp 2:3). Ma qui Paolo indica che agli anziani, che si danno tanto da fare, devono mostrare doppio o ulteriore onore, seguendone le indicazioni e imitandone il buon esempio (Eb 13:7, 17). Il versetto successivo (v. 18) indica che l’espressione “doppio onore” potrebbe includere aiuto materiale in caso di bisogno. Questo, però, non vuol dire che gli anziani dovrebbero ricevere uno stipendio. Paolo, infatti, dando l’esempio, lavorò per mantenersi, come aveva spiegato agli anziani di Efeso (At 18:3; 20:17, 34; 1Co 4:16; 11:1; 1Ts 2:6 e approfondimento, 9).

Non abbiamo [...] cercato gloria dagli uomini È possibile che Paolo, quale umile ministro che si sforzava di imitare Gesù, qui avesse in mente un’espressione simile usata proprio da Gesù quando disse: “Io non ho bisogno della gloria che danno gli uomini” (Gv 5:41; nt.; 7:18; 1Co 11:1). Paolo non intendeva dire che fosse sbagliato mostrare il giusto rispetto, o onore, ai componenti della congregazione. (Confronta Ro 12:10; 1Tm 5:17.) Tuttavia si rifiutava di ricercare onore, prestigio e fama, e non andava in cerca di elogi da parte di esseri umani come lui.

presiede O “dirige”. Il verbo greco qui usato (proìstemi) significa letteralmente “stare davanti” nel senso di dirigere, guidare, presiedere, interessarsi degli altri e averne cura.

il passo della Scrittura dice al faraone Subito dopo queste parole, Paolo cita Eso 9:16. Si tratta di un messaggio che Geova aveva comandato a Mosè di riferire al faraone (Eso 9:13-19). Paolo però personifica “il passo della Scrittura”, come se fossero le Scritture stesse a parlare al faraone. Usa una personificazione simile in Ro 3:19, dove nell’originale viene detto che la Legge “parla” a quelli che sono sotto la Legge. Questa figura retorica che ricorre nei casi menzionati è appropriata, perché le Scritture Ebraiche, Legge inclusa, erano riconosciute come parola di Dio, come se fosse Dio stesso a parlare. Allo stesso modo, a volte Gesù personificò lo spirito santo di Dio, dicendo che lo spirito avrebbe ‘insegnato’ e ‘reso testimonianza’ (Gv 14:26; 15:26).

È dei tori che Dio si preoccupa? Paolo fa questa domanda retorica per portare avanti il suo ragionamento. Ha appena citato il punto della Legge mosaica dove si legge: “Non devi mettere la museruola al toro mentre trebbia” (De 25:4). Come il toro ha diritto di mangiare il grano che trebbia, così il cristiano che trasmette cose spirituali ad altri merita di essere sostenuto dal punto di vista materiale. In 1Co 9:10, parlando del comando riportato in De 25:4, Paolo dice: “È stato scritto proprio per noi”. Non sottintende che i cristiani possano ignorare il principio divino di trattare bene gli animali. Intende piuttosto dire che, se il principio si applica ad animali che lavorano, tanto più si applica a esseri umani che lavorano, soprattutto a coloro che si danno da fare nel sacro servizio.

il distinguere le dichiarazioni ispirate Questa espressione, che letteralmente significa “discernimenti di spiriti”, si riferisce alla capacità soprannaturale di capire dichiarazioni ispirate. Si trattava di un dono che probabilmente comprendeva anche la capacità di riconoscere se una dichiarazione era ispirata da Dio oppure proveniva da un’altra fonte. Di sicuro questo dono servì a proteggere la congregazione dai falsi profeti (2Co 11:3, 4; 1Gv 4:1). Inoltre avrà permesso agli apostoli e agli anziani di Gerusalemme di individuare le parti della Legge da considerare ancora “cose necessarie” e quindi valide per i cristiani (At 15:19, 20, 28, 29). I cristiani avevano anche bisogno di una guida per capire se una certa lettera (o un certo scritto) dovesse essere fatta circolare fra le congregazioni e se dovesse essere inclusa nel canone biblico. Per esempio in un’occasione, parlando di alcune lettere di Paolo, l’apostolo Pietro scrisse: “Gli ignoranti e gli instabili [le] distorcono, come fanno anche con il resto delle Scritture” (2Pt 3:16). In questo modo indicò che quelle lettere facevano parte delle Scritture ispirate. Di sicuro la scelta dei libri da includere nel canone biblico fu guidata dallo spirito di Dio, e senza dubbio furono utilizzati fratelli che avevano questo dono (2Tm 3:16; vedi Glossario, “canone biblico”; “spirito”).

Difatti le Scritture dicono Paolo supporta quello che ha detto nel versetto precedente con due citazioni. (Confronta Ro 9:17 e approfondimento; 10:11.) La prima è tratta da De 25:4. (Vedi anche approfondimento a 1Co 9:9.) La seconda può essere un richiamo a Le 19:13, ma è anche possibile che Paolo si rifaccia a uno dei Vangeli. Le parole che usa qui, infatti, sono quasi identiche a quelle di Gesù riportate in Lu 10:7. Luca scrisse il suo Vangelo verso il 56-58, e Paolo a quanto pare scrisse questa lettera a Timoteo all’incirca tra il 61 e il 64. (La citazione di Paolo è simile anche al passo di Mt 10:10, libro scritto intorno al 41.) Questo, quindi, può essere uno dei primi casi in cui uno scrittore biblico cita un Vangelo, il che conferma che si tratta di un testo ispirato. (Confronta 1Co 9:14, dove Paolo richiama una disposizione data dal Signore Gesù; vedi anche approfondimento a 1Co 12:10.)

un uomo anziano Questa espressione traduce il termine greco presbỳteros. In italiano, la resa “un uomo anziano” (dove “anziano” è aggettivo) invece di “un anziano” (dove “anziano” è sostantivo) vuole far capire che qui presbỳteros si riferisce letteralmente a chi è avanti con gli anni, non a chi ricopre incarichi nella congregazione. È il contesto che lo suggerisce, dal momento che in questo versetto il termine è usato in antitesi con “giovani”. Comunque altre volte è utilizzato per riferirsi a coloro che all’interno della congregazione hanno autorità e responsabilità (1Tm 5:17; Tit 1:5; vedi approfondimento ad At 11:30). Il senso del versetto è che, se qualcuno avanti con gli anni (soprattutto se serviva come anziano) avesse avuto bisogno di correzione, Timoteo, che era più giovane, avrebbe dovuto “[esortarlo] come un padre”.

un’accusa Un anziano potrebbe essere accusato della grave violazione di un principio biblico. Se l’accusa dovesse risultare fondata, lui non sarebbe più “irreprensibile” (1Tm 3:2; Tit 1:5); in tal caso non sarebbe più idoneo a servire come anziano. E se l’accusa riguardasse un peccato grave, potrebbe perfino essere espulso dalla congregazione (1Co 5:13; 6:9, 10).

un uomo anziano O “un anziano”. Il termine greco usato qui (presbỳteros) può riferirsi sia a un uomo avanti con gli anni sia a un uomo che all’interno della congregazione ha autorità e responsabilità. (Vedi approfondimenti ad At 20:17; 1Tm 5:1.)

due o tre testimoni Sotto ispirazione Paolo applica un principio della Legge mosaica al caso specifico di un anziano accusato di aver gravemente violato la legge di Dio (De 17:6; 19:15). Questo principio tutela un anziano fedele da accuse mosse da qualcuno che cerca di calunniarlo. Una calunnia potrebbe rovinare la buona reputazione di un anziano innocente e compromettere l’incarico di prendersi cura della congregazione. Se però l’accusa fosse attestata da “due o tre testimoni”, il corpo degli anziani dovrebbe intraprendere un’azione giudiziaria.

anziani Nella Bibbia il termine greco presbỳteros è usato soprattutto in riferimento a chi ha una posizione di autorità e di responsabilità all’interno di una comunità o di una nazione. Uomini anziani, o maturi, dal punto di vista spirituale avevano la responsabilità di guidare e amministrare le città dell’antica nazione d’Israele. In modo simile uomini anziani, o maturi, dal punto di vista spirituale prestavano servizio nelle congregazioni cristiane del I secolo. Questo brano relativo all’incontro tra Paolo e gli anziani di Efeso mostra chiaramente che in quella congregazione c’era più di un anziano. Il numero di anziani di ogni congregazione dipendeva dal numero di uomini che erano idonei perché spiritualmente maturi (1Tm 3:1-7; Tit 1:5-8). Quando Paolo scrisse la sua prima lettera a Timoteo, che a quel tempo viveva probabilmente a Efeso, fece menzione di un “corpo degli anziani” (1Tm 1:3; 4:14).

Riprendi Nell’uso biblico il verbo greco qui reso “riprendi” trasmette spesso l’idea di convincere qualcuno che ha sbagliato. Una riprensione viene data con il buon intento di spingere la persona a riconoscere il proprio errore e a correggerlo. Un dizionario dice che questo verbo può significare anche “correggere” nel senso di “allontanare dal peccato e indurre al pentimento”. Si tratta di una disciplina che ha valore educativo. In Gv 16:8 lo stesso verbo greco è reso “dare prove convincenti”.

pubblicamente Lett. “davanti a tutti”. A quanto pare Paolo intende dire che la riprensione deve essere fatta davanti a tutti coloro che sono a conoscenza del peccato. In alcuni casi questo “pubblicamente” potrebbe includere tutta la congregazione, in altri potrebbe riferirsi a un gruppo più piccolo di persone che risentono in qualche modo delle conseguenze del peccato commesso o ne sono a conoscenza. Alcuni potrebbero essere stati testimoni oculari del fatto. Per esempio, Lu 8:47 dice che, quando Gesù guarì una donna, lei rivelò “davanti a tutti” (in greco ricorre la stessa espressione di questo versetto) il motivo per cui lo aveva toccato. Dalle sue parole e dal contesto si comprende che lei parlò davanti a coloro che avevano sentito Gesù chiedere: “Chi mi ha toccato?” Nulla lascia intendere che abbia fatto la sua confessione davanti a ogni persona di quella grande folla o a ogni abitante della città (Lu 8:43-47).

quelli che praticano il peccato Qui il verbo originale, che significa “peccare”, è in un tempo verbale che contiene in sé l’idea di un’azione durativa. Quindi trasmette l’idea non di un unico peccato ma di una condotta peccaminosa che si protrae nel tempo. Da qui la resa “praticano il peccato”. Alcune traduzioni rendono questa espressione in modo simile: “quelli che sono nel peccato” o “quelli che si ostinano a peccare”.

affinché questo serva di monito agli altri Lett. “affinché anche gli altri abbiano timore”. Questa espressione spiega lo scopo della riprensione fatta “pubblicamente”, davanti a tutti. Gli “altri” a cui Paolo fa riferimento sono coloro che hanno sentito la riprensione e che saranno quindi aiutati ad avere un sano timore del peccato. La riprensione, infatti, li aiuterà a capire l’importanza di evitare il peccato e tutto ciò che può portare a peccare.

agli angeli eletti Gli angeli fedeli sono eletti nel senso che sono stati scelti da Dio per servire al suo cospetto come suoi ministri, a differenza degli angeli malvagi che sono stati da lui rigettati (Gda 6). Inoltre alcuni angeli fedeli sono scelti, o eletti appunto, per proteggere i servitori di Dio sulla terra, per guidare l’opera di predicazione e per riferire a Geova e Gesù quello che vedono (Eb 1:14; Ri 14:6; vedi approfondimento a Mt 18:10).

ti ordino solennemente Questa espressione dal tono così perentorio traduce un verbo greco che secondo un lessico descrive “un’esortazione data con autorità su una faccenda della massima importanza”. (Lo stesso verbo compare anche nella Settanta, per esempio in 1Sa 8:9 e 2Cr 24:19.) Paolo ha appena spiegato come gestire casi riguardanti un anziano accusato di aver commesso un peccato; ha poi messo in risalto la necessità di riprendere coloro che praticano il peccato. Ora, dato che tali questioni sono così importanti, si rivolge a Timoteo davanti a Dio e a Cristo Gesù, facendo così riflettere sul fatto che quello che accade anche nelle conversazioni private tra uomini nominati è chiaramente visibile alle due massime autorità dell’universo (Ro 2:16; Eb 4:13).

senza alcun pregiudizio, non facendo alcuna parzialità Paolo mette in guardia contro due errori di giudizio: pregiudizio e parzialità. Il pregiudizio implica giudicare una persona in modo negativo per partito preso. La parzialità riguarda il mostrare a qualcuno un trattamento di favore ingiustificato o eccessivo, forse solo perché si è amici.

i loro angeli Come risulta evidente sia dalle Scritture Ebraiche che da quelle Greche Cristiane, ai servitori di Dio è garantita la costante protezione delle invisibili schiere degli angeli di Geova (2Re 6:15-17; Sl 34:7; 91:11; At 5:19; Eb 1:14). I termini originali resi “angelo” significano fondamentalmente “messaggero”. (Vedi approfondimento a Gv 1:51.) Quello che Gesù dice riguardo a questi piccoli (cioè i suoi discepoli) e ai “loro angeli” non implica necessariamente che ogni cristiano devoto abbia un angelo custode. Gli angeli vigilano sul benessere spirituale dei veri cristiani presi collettivamente e si interessano concretamente di ciascun discepolo di Cristo. (Vedi approfondimento ad At 12:15.)

Non porre mai le mani affrettatamente su nessun uomo A quanto pare a Timoteo era stata data l’autorità di nominare sorveglianti ponendo su di loro le mani. (Vedi Glossario, “imposizione delle mani”, e approfondimento ad At 6:6.) Comunque Timoteo non doveva nominare nessuno “affrettatamente”; doveva farlo solo dopo aver valutato attentamente se quell’uomo soddisfaceva davvero i requisiti richiesti (1Tm 3:1-7). Infatti chi veniva nominato poteva esercitare una notevole influenza, quindi era importante che Timoteo seguisse il consiglio di Paolo. Se non lo avesse fatto, Timoteo poteva essere partecipe dei peccati altrui, poteva cioè avere una parte di responsabilità per qualsiasi errore avesse commesso un uomo non idoneo.

posero su di loro le mani Nelle Scritture Ebraiche il gesto di porre le mani su una persona o un animale poteva avere svariati significati (Gen 48:14; Le 16:21; 24:14). Se riguardava un essere umano, questo gesto di solito indicava un riconoscimento speciale nei suoi confronti o il fatto che fosse stato designato per un compito particolare (Nu 8:10). Ad esempio, Mosè pose le mani su Giosuè per riconoscerlo come suo successore. Di conseguenza Giosuè “fu pieno dello spirito di sapienza” e riuscì a guidare nel modo giusto il popolo d’Israele (De 34:9). Qui in At 6:6 si legge che gli apostoli posero le mani sugli uomini che avevano scelto perché ricoprissero incarichi di responsabilità. Fecero questo solo dopo aver pregato, dimostrando di ricercare la guida di Dio. Successivamente i componenti di un corpo di anziani affidarono a Timoteo uno speciale incarico di servizio ponendo le mani su di lui (1Tm 4:14). Timoteo a sua volta ricevette l’autorità di nominare altri ponendo le mani su di loro, cosa che avrebbe dovuto fare solo dopo aver valutato attentamente la loro idoneità (1Tm 5:22).

bevi un po’ di vino Ai giorni di Paolo il vino era conosciuto come un valido rimedio medico. Veniva usato, ad esempio, per alleviare problemi di digestione e per curare le ferite. (Vedi approfondimento a Lu 10:34.) Dando questo consiglio, Paolo mostrò il suo affetto paterno per Timoteo, che voleva continuare a servire Dio nonostante i “disturbi di cui spesso [soffriva]”. Fonti sia antiche che moderne confermano l’utilità del vino in campo medico. Per esempio, nel descrivere “il rimedio più sicuro” per “un uomo di costituzione più debole della norma”, il medico greco Ippocrate di Coo (ca. 460-370 a.E.V.) menzionò anche “bere un po’ di vino” (De prisca medicina, XIII, 2-19). Inoltre il medico e scrittore romano Aulo Cornelio Celso (I secolo E.V.) scrisse: “Chi soffre di stomaco deve [...] bere a digiuno non acqua, ma vino” (De medicina, I, 8).

fasciò le sue ferite, versandovi sopra olio e vino Il medico Luca è molto accurato nel riferire la parabola di Gesù; la descrizione del trattamento con cui furono curate le ferite è coerente con i rimedi dell’epoca. Infatti per curare le ferite era comune usare l’olio, a volte applicato come lenitivo (confronta Isa 1:6), e il vino, noto per essere un antisettico e un leggero disinfettante. Luca riferisce anche che le ferite vennero fasciate, rimedio adottato per evitare che si aggravassero.

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Museruola per il toro
Museruola per il toro

In queste foto, scattate agli inizi del XX secolo, si vede un agricoltore che trebbia servendosi di bovini con la museruola. Per iniziare a separare il cereale dalla pula, gli agricoltori usavano dei tori che trainavano una sorta di slitta sul grano mietuto. A questi tori veniva messa la museruola così che non potessero mangiare mentre lavoravano. La Legge mosaica vietava questa consuetudine, a dimostrazione della considerazione di Geova per gli animali (De 25:4). Dover lavorare duramente con il grano così vicino alla bocca senza poterlo mangiare a motivo della museruola sarebbe stata una tortura per un animale affamato. Ragionando sul principio che stava alla base di quel comando, l’apostolo Paolo disse che i ministri cristiani che si impegnano duramente meritano di ricevere onore e sostegno materiale (1Co 9:9-14; 1Tm 5:17, 18).

Anfore per il vino
Anfore per il vino

L’anfora che si vede nella foto è alta all’incirca 1 m e poteva contenere più o meno 28 l di vino. Questi recipienti di terracotta, comunque, potevano avere dimensioni molto diverse. Solitamente le anfore di questo tipo avevano l’estremità inferiore a punta, il che facilitava la loro sistemazione nella stiva delle navi durante il trasporto. Nel mondo classico il vino era un bene prezioso. Greci, romani ed ebrei di qualsiasi estrazione sociale bevevano vino, che spesso veniva mischiato all’acqua. L’acqua potabile, infatti, era perlopiù contaminata, e il vino fungeva da antisettico naturale per prevenire la proliferazione dei batteri. L’apostolo Paolo diede a Timoteo questo consiglio: “Smetti di bere solo acqua, ma bevi un po’ di vino a causa del tuo stomaco e dei disturbi di cui spesso soffri” (1Tm 5:23, nt.).