Atti degli Apostoli 18:1-28
Note in calce
Approfondimenti
Acaia Nelle Scritture Greche Cristiane, il termine “Acaia” si riferisce alla provincia romana della Grecia meridionale con capoluogo Corinto. Nel 27 a.E.V., quando Cesare Augusto riorganizzò le due province della Grecia, la Macedonia e l’Acaia, il nome Acaia finì per includere tutto il Peloponneso e parte della Grecia continentale. La provincia dell’Acaia era sotto l’amministrazione del senato romano ed era governata da un proconsole di stanza a Corinto (2Co 1:1). Altre città della provincia dell’Acaia menzionate nelle Scritture Greche Cristiane sono Atene e Cencrea (At 18:1, 18; Ro 16:1). L’Acaia e la provincia con cui confinava a N, la Macedonia, erano spesso menzionate insieme (At 19:21; Ro 15:26; 1Ts 1:7, 8; vedi App. B13).
Corinto Era una delle più antiche e importanti città della Grecia, situata circa 5 km a SO della città odierna. L’importanza e la grande ricchezza di Corinto dipendevano in buona parte dalla sua posizione strategica presso l’istmo (sottile lingua di terra) che congiunge la parte centrale della Grecia con la penisola meridionale, il Peloponneso. Corinto controllava non solo gli spostamenti dei beni tra il N e il S della Grecia, ma anche il traffico marittimo tra E e O nel Mediterraneo, e questo era dovuto al fatto che attraversare l’istmo via terra era più sicuro che circumnavigare la Grecia. All’epoca di Cesare Augusto l’Acaia, come i romani chiamavano tutta la Grecia a eccezione della Macedonia, diventò provincia senatoria romana, e Corinto ne diventò il capoluogo. (Vedi approfondimento ad At 18:12.) Molti ebrei vi si erano stabiliti e avevano fondato una sinagoga, frequentata anche da alcuni greci (At 18:4). La presenza di ebrei a Corinto è attestata dallo scrittore del I secolo Filone e da un’antica iscrizione greca su un architrave di marmo scoperto nei pressi della porta che dà verso il porto di Lecheo. Sull’architrave si legge “[Syna]gogè Hebr[àion]”, ovvero “sinagoga degli ebrei”. Alcuni ritengono che questo architrave risalga al tempo di Paolo, mentre altri lo associano a un periodo posteriore. (Vedi App. B13.)
Aquila Questo devoto cristiano e la sua fedele moglie, Priscilla (chiamata anche Prisca), sono definiti “compagni d’opera” di Paolo (Ro 16:3). Vengono menzionati complessivamente sei volte nelle Scritture Greche Cristiane (At 18:18, 26; 1Co 16:19; 2Tm 4:19), e sempre insieme. Priscilla è il diminutivo di Prisca. La forma più breve ricorre negli scritti di Paolo, mentre Luca usa quella più lunga. Questo tipo di variazione era comune nei nomi romani. Espulsi da Roma in seguito al decreto contro gli ebrei emanato dall’imperatore Claudio nel 49 o all’inizio del 50, Aquila e Priscilla si stabilirono a Corinto. Quando arrivò lì nell’autunno del 50, Paolo lavorò con Aquila e Priscilla facendo insieme a loro il fabbricante di tende. Senza dubbio i due aiutarono Paolo a rafforzare la nuova congregazione locale. Aquila era nativo del Ponto, regione dell’Asia Minore settentrionale lungo il Mar Nero. (Vedi App. B13.)
fabbricanti di tende Qui il termine greco skenopoiòs è usato in riferimento al mestiere di Paolo, Aquila e Priscilla. Varie ipotesi sono state avanzate sull’esatta attività indicata da questa parola (fabbricante di tende, tessitore di tappezzeria o cordaio); diversi studiosi, comunque, sostengono che “fabbricante di tende” sia il probabile significato del termine. L’apostolo Paolo era di Tarso, in Cilicia, zona famosa per il tessuto di pelo di capra (chiamato cilicium) con cui si facevano le tende (At 21:39). Gli ebrei del I secolo ritenevano dignitoso che un giovane imparasse un mestiere anche se avrebbe ricevuto un’istruzione superiore. È quindi possibile che Paolo avesse imparato a fabbricare tende da ragazzo. Quello non era un lavoro facile; per quanto si sa, di solito il cilicium era rigido e grezzo, e quindi difficile da tagliare e cucire.
pronunciava un discorso O “ragionava con i presenti”. Il verbo greco dialègomai può significare “parlare”, “conversare”, “discorrere”. Può riferirsi al tenere un discorso istruttivo o all’interagire con altri anche attraverso uno scambio di opinioni. Lo stesso termine greco è utilizzato anche in At 17:2, 17; 18:19; 19:8, 9; 20:7, 9.
si dedicò completamente alla parola O “si occupò intensamente della predicazione della parola”. L’espressione indica che da questo momento Paolo iniziò a dedicare tutto il suo tempo alla predicazione.
Questi scossero la polvere dai loro piedi contro di loro In questo caso Paolo e Barnaba applicarono il comando di Gesù riportato in Mt 10:14; Mr 6:11; Lu 9:5. Gli ebrei devoti che attraversavano territori stranieri, prima di rientrare nella loro terra, avevano l’abitudine di scuotere i loro sandali per rimuovere la polvere che ritenevano impura. Ma evidentemente Gesù aveva in mente qualcosa di diverso quando diede queste istruzioni ai suoi discepoli. Il gesto qui descritto stava a indicare che i discepoli si toglievano di dosso ogni responsabilità per le conseguenze che quelle persone avrebbero subìto a seguito del giudizio di Dio. A Corinto Paolo fece qualcosa di simile quando si scosse le vesti; per spiegare il senso di quel gesto disse: “Il vostro sangue ricada sulla vostra testa. Io ne sono puro”. (Vedi approfondimento ad At 18:6.)
scuotete la polvere dai vostri piedi Gli ebrei devoti che attraversavano territori stranieri, prima di rientrare nella loro terra, avevano l’abitudine di scuotere i loro sandali per rimuovere la polvere che ritenevano impura. Ma evidentemente Gesù aveva in mente qualcosa di diverso quando diede queste istruzioni ai suoi discepoli. Il gesto descritto stava a indicare che i discepoli si toglievano di dosso ogni responsabilità per le conseguenze che quelle persone avrebbero subìto a seguito del giudizio di Dio. La stessa espressione si trova in Mt 10:14 e Mr 6:11. Marco aggiunge “come testimonianza per loro” e Luca in testimonianza contro di loro. Paolo e Barnaba seguirono queste istruzioni ad Antiochia di Pisidia (At 13:51). A Corinto Paolo fece qualcosa di simile quando si scosse le vesti e, per spiegarne il senso, disse queste parole: “Il vostro sangue ricada sulla vostra testa. Io ne sono puro” (At 18:6).
Il suo sangue ricada su di noi e sui nostri figli Cioè “noi e i nostri discendenti ci assumiamo la responsabilità della sua morte”.
sono puro del sangue di tutti gli uomini Agli occhi di Dio, Paolo era libero dalla colpa di sangue perché aveva predicato la buona notizia del Regno. Non aveva mancato di trasmettere le informazioni vitali che quel messaggio conteneva (At 18:6; confronta Ez 33:6-8). Paolo aveva trasmesso “tutta la volontà di Dio” ai discepoli di Efeso perché non voleva che nessuno perdesse la vita durante il giorno di giudizio di Dio (At 20:27). Un cristiano può diventare colpevole di sangue agli occhi di Dio anche commettendo assassinio o spargendo sangue, il che include sostenere attivamente o tacitamente le attività di un’organizzazione colpevole di sangue, come “Babilonia la Grande” (Ri 17:6; 18:2, 4) o altre organizzazioni che spargono sangue innocente (Ri 16:5, 6; confronta Isa 26:20, 21). Anche mangiare o bere sangue in qualunque modo farebbe incorrere nella colpa di sangue (At 15:20).
si scosse le vesti Il gesto compiuto da Paolo indicava che non era più responsabile di quello che sarebbe accaduto agli ebrei di Corinto che avevano rifiutato il messaggio di salvezza relativo al Cristo. Paolo aveva fatto la sua parte e non doveva più rendere conto delle loro vite. (Vedi l’approfondimento Il vostro sangue ricada sulla vostra testa in questo versetto.) Non è la prima volta che nelle Scritture si fa menzione di questo tipo di gesto. Quando Neemia parlò agli ebrei che erano tornati a Gerusalemme, scosse le pieghe della sua veste a indicare che chi non avesse mantenuto la propria promessa sarebbe stato rigettato da Dio (Ne 5:13). Paolo compì un gesto simile ad Antiochia di Pisidia: ‘scosse la polvere dai suoi piedi’ contro coloro che si opponevano a lui in quella città. (Vedi approfondimenti ad At 13:51; Lu 9:5.)
Il vostro sangue ricada sulla vostra testa Paolo usò questa espressione per indicare che non era responsabile delle conseguenze che avrebbero subìto gli ebrei che rifiutavano il messaggio relativo a Gesù, il Messia. Affermazioni simili si trovano anche nelle Scritture Ebraiche e trasmettono l’idea che chi segue una condotta meritevole di morte è responsabile della perdita della propria vita (Gsè 2:19; 2Sa 1:16; 1Re 2:37; Ez 33:2-4; vedi approfondimento a Mt 27:25). Paolo aggiunse: Io ne sono puro, come a dire “io sono innocente”, “io sono libero da ogni colpa [o “responsabilità”]”. (Vedi approfondimento ad At 20:26.)
Geova le aprì pienamente il cuore Lidia è definita adoratrice di Dio, il che indica che era una proselita (At 13:43). Quel Sabato lei e altre donne si erano radunate in un luogo di preghiera presso un fiume fuori Filippi (At 16:13). Può darsi che a Filippi ci fossero pochi ebrei e non ci fosse una sinagoga. Forse Lidia era venuta in contatto con l’adorazione di Geova nella sua città natale, Tiatira, che ospitava una folta comunità ebraica e aveva un luogo di culto ebraico. Geova, il Dio che adorava, notò che stava ad ascoltare con attenzione. (Vedi App. C3 introduzione; At 16:14.)
se ne andò di là Cioè dalla sinagoga. Paolo continuò la sua opera di predicazione a casa di Tizio Giusto. Durante la sua permanenza a Corinto, l’apostolo continuò ad alloggiare presso Aquila e Priscilla, ma a quanto pare la casa di Giusto diventò il centro da cui svolgeva la sua attività di predicazione (At 18:3).
Tizio Giusto Era un credente di Corinto; è definito uomo che adorava Dio, a indicare che era un proselito. (Vedi approfondimenti ad At 13:43; 16:14.)
che adoravano Dio Il verbo greco qui reso “che adoravano Dio” (sèbomai) significa “adorare”, “riverire”, “venerare”. Potrebbe anche essere tradotto “timorati di Dio”, “devoti”. (Vedi approfondimento ad At 13:50.) La Pescitta siriaca lo rende “che temevano Dio”. In questo versetto una traduzione in ebraico delle Scritture Greche Cristiane (definita J18 nell’App. C4) usa il nome divino, e l’intera espressione lì presente può essere resa “che temevano Geova”.
proconsole Titolo del governatore di una provincia posta sotto la giurisdizione del senato romano. Altre province romane, come la Giudea, erano province imperiali e dipendevano direttamente dall’imperatore, il quale nominava un governatore. Cipro era diventata una provincia senatoria nel 22 a.E.V. ed era quindi governata da un proconsole. È stata rinvenuta una moneta proveniente da Cipro che ha sul diritto l’effigie e il titolo (in latino) dell’imperatore romano Claudio e sul rovescio la dicitura (in greco) “Sotto Cominio Proclo, proconsole dei ciprioti”. (Vedi Glossario.)
proconsole Governatore di una provincia sotto la giurisdizione del senato romano. Qui si legge che Gallione era proconsole della provincia dell’Acaia. Luca usa in modo appropriato il titolo “proconsole”, perché l’Acaia fu provincia senatoria dal 27 a.E.V. al 15 E.V., e di nuovo dopo il 44 E.V. (Vedi approfondimento ad At 13:7.) Un’iscrizione rinvenuta a Delfi fa riferimento al proconsole Gallione, confermando così l’accuratezza della narrazione di Luca e al tempo stesso aiutando a datare il mandato di Gallione come proconsole dell’Acaia.
Acaia Nelle Scritture Greche Cristiane, il termine “Acaia” si riferisce alla provincia romana della Grecia meridionale con capoluogo Corinto. Nel 27 a.E.V., quando Cesare Augusto riorganizzò le due province della Grecia, la Macedonia e l’Acaia, il nome Acaia finì per includere tutto il Peloponneso e parte della Grecia continentale. La provincia dell’Acaia era sotto l’amministrazione del senato romano ed era governata da un proconsole di stanza a Corinto (2Co 1:1). Altre città della provincia dell’Acaia menzionate nelle Scritture Greche Cristiane sono Atene e Cencrea (At 18:1, 18; Ro 16:1). L’Acaia e la provincia con cui confinava a N, la Macedonia, erano spesso menzionate insieme (At 19:21; Ro 15:26; 1Ts 1:7, 8; vedi App. B13).
tribunale Vedi Glossario.
Cencrea O “Cencre”. Era uno dei porti di Corinto e sorgeva su uno stretto istmo dalla parte del golfo di Egina (golfo Saronico), 11 km circa a E di Corinto. Cencrea era il porto di Corinto per i paesi a E della Grecia, mentre Lecheo, dalla parte opposta dell’istmo, era il porto di Corinto per l’Italia e altri paesi a O della Grecia. Le rovine della zona includono edifici e moli presso l’attuale villaggio di Kechries (Kechriais). In base a Ro 16:1, a Cencrea c’era una congregazione cristiana. (Vedi App. B13.)
volontà di Geova Nelle Scritture Greche Cristiane il termine greco per “volontà” (thèlema) è quasi sempre collegato alla volontà di Dio (Mt 7:21; 12:50; Mr 3:35; Ro 12:2; 1Co 1:1; Eb 10:36; 1Pt 2:15; 4:2; 1Gv 2:17). Nella Settanta il greco thèlema è spesso utilizzato per tradurre espressioni ebraiche che sono relative alla volontà di Dio (o a ciò che gli fa piacere) e che si trovano in passi dove compare il nome divino (Sl 40:8, 9 [39:9, 10, LXX]; 103:21 [102:21, LXX]; 143:9-11 [142:9-11, LXX]; Isa 44:24, 28; Ger 9:24 [9:23, LXX]; Mal 1:10). Gesù espresse un concetto simile quando, come si legge in Mt 26:42, pregò suo Padre dicendo: “Si compia la tua volontà”. (Vedi App. C3 introduzione; At 21:14.)
se Geova vuole Espressione che sottolinea la necessità di tenere in considerazione la volontà di Dio quando si fa o si pensa di fare qualcosa. L’apostolo Paolo tenne bene a mente questo principio (1Co 4:19; 16:7; Eb 6:3). Il discepolo Giacomo incoraggiò i suoi lettori a dire: “Se Geova vuole, vivremo e faremo questo o quello” (Gc 4:15). Espressioni di questo tipo non dovrebbero essere usate come semplici frasi fatte; quando qualcuno dice in modo sincero “se Geova vuole”, deve cercare di agire in armonia con la Sua volontà. Questa espressione non va necessariamente pronunciata in modo udibile; spesso può essere ripetuta soltanto nel proprio cuore. (Vedi approfondimenti ad At 21:14; 1Co 4:19 e App. C3 introduzione; At 18:21.)
Salì Anche se nel testo greco non c’è un riferimento specifico a Gerusalemme, a quanto pare Paolo si stava dirigendo verso quella città. Gerusalemme si trova a circa 750 m sul livello del mare, e in diversi casi nelle Scritture si parla di persone che salivano a Gerusalemme per adorare Dio. Il verbo greco anabàino (“salire”), infatti, è usato varie volte quando Gerusalemme è menzionata come destinazione del tragitto (Mt 20:17; Mr 10:32; Lu 18:31; 19:28; Gv 2:13; 5:1; 11:55; At 11:2; 21:12; 24:11; 25:1, 9; Gal 2:1). In questo versetto compare anche il verbo katabàino (“scendere”), che alcune volte è utilizzato in riferimento a qualcuno che lasciava Gerusalemme (Mr 3:22; Lu 10:30, 31; At 24:1, 22; 25:7).
Apollo Cristiano ebreo che a quanto pare era cresciuto ad Alessandria, capitale della provincia romana dell’Egitto. Alessandria era un famoso centro culturale, rinomato per la sua vasta biblioteca. Dopo Roma, era la città più grande dell’impero romano e ospitava una consistente comunità ebraica. Era tra i poli culturali e intellettuali più importanti sia per gli ebrei sia per i greci. Ad Alessandria fu realizzata la traduzione in greco delle Scritture Ebraiche nota come Settanta. Tutto questo potrebbe spiegare perché di Apollo si dice che era ferrato [lett. “potente”] nelle Scritture, cioè le Scritture Ebraiche ispirate.
Geova Nell’originale ebraico di Isa 40:3, qui citato, compare il nome divino trascritto con quattro consonanti ebraiche (traslitterate YHWH). (Vedi App. A5 e C.) Gli evangelisti Matteo, Marco e Luca applicano questa profezia a Giovanni Battista, e qui Giovanni Battista la applica a sé stesso. Giovanni avrebbe reso diritta la via di Geova in qualità di precursore di Gesù, il quale sarebbe stato il rappresentante di suo Padre e sarebbe venuto nel Suo nome (Gv 5:43; 8:29).
Geova Nell’originale ebraico di Isa 40:3, qui citato, compare il nome divino trascritto con quattro consonanti ebraiche (traslitterate YHWH). (Vedi App. C.) Marco applica questa profezia a quello che “Giovanni il Battezzatore” (Mr 1:4) fece per preparare la via per Gesù. (Vedi approfondimenti a Mt 3:3; Gv 1:23.)
Geova Nell’originale ebraico di Isa 40:3, qui citato, compare il nome divino trascritto con quattro consonanti ebraiche (traslitterate YHWH). (Vedi App. C.) Matteo applica questa profezia a quello che Giovanni Battista fece per preparare la via per Gesù. Nel Vangelo di Giovanni, Giovanni Battista applica la profezia a sé stesso (Gv 1:23).
Geova Nell’originale ebraico di Isa 40:3, qui citato, compare il nome divino trascritto con quattro consonanti ebraiche (traslitterate YHWH). (Vedi App. C.) Luca applica questa profezia a Giovanni Battista. Giovanni avrebbe preparato la via di Geova in qualità di precursore di Gesù, il quale sarebbe stato il rappresentante di suo Padre e sarebbe venuto nel Suo nome (Gv 5:43; 8:29). Nel Vangelo dell’apostolo Giovanni, Giovanni Battista applica la profezia a sé stesso (Gv 1:23).
istruito Il verbo greco qui usato (katechèo) significa fondamentalmente “risuonare dall’alto in basso” e potrebbe includere il concetto di istruire oralmente. Quando vengono ripetute, le verità della Parola di Dio “risuonano” scendendo nella mente e nel cuore di colui che impara, e quest’ultimo diventa qualificato per insegnare ad altri. (Confronta Gal 6:6, dove lo stesso verbo greco ricorre due volte.)
via di Geova Nel versetto successivo è usata un’espressione dal significato equivalente (“via di Dio”). La vita di un cristiano è incentrata sull’adorazione dell’unico vero Dio, Geova, e sulla fede in suo Figlio, Gesù Cristo. Il libro degli Atti fa riferimento a questo modo di vivere definendolo semplicemente ‘la Via’ (At 19:9, 23; 22:4; 24:22; vedi approfondimento ad At 9:2). Inoltre l’espressione “via di Geova” compare quattro volte nei Vangeli come parte di una citazione di Isa 40:3. (Vedi approfondimenti a Mt 3:3; Mr 1:3; Lu 3:4; Gv 1:23.) In Isa 40:3, nell’originale ebraico compare il Tetragramma. L’espressione “via di Geova” ricorre anche in Gdc 2:22 e “vie di Geova” in Ger 5:4, 5. (Vedi approfondimento ad At 19:23 e App. C3 introduzione; At 18:25.)
fervente nello spirito Lett. “bollente nello spirito”. Il termine greco reso “fervente” significa letteralmente “bollire”, ma qui è usato in senso metaforico per trasmettere l’idea di traboccare di zelo ed entusiasmo. In questa espressione, il termine per “spirito” (pnèuma) si riferisce a quanto pare allo spirito santo di Dio, una forza che spinge ad agire e dà energia a una persona così che si comporti in armonia con la volontà di Geova. (Vedi approfondimento a Mr 1:12.) La parola “spirito” potrebbe però anche riferirsi a una forza che scaturisce dal cuore simbolico e spinge a dire e a fare le cose in un certo modo. In questo versetto l’espressione potrebbe racchiudere entrambe le idee, indicando quindi una persona che mostra zelo ed entusiasmo per ciò che è giusto mentre è guidata dallo spirito santo di Dio. Comunque, alcuni ritengono che in tale contesto questa sia soltanto un’espressione idiomatica che trasmette l’idea di spirito volenteroso ed entusiastico. Se così fosse, questo potrebbe spiegare perché Apollo era “fervente nello spirito” anche se non conosceva il battesimo nel nome di Gesù. In ogni caso era necessario che lo spirito di Dio guidasse lo spirito di Apollo perché quest’ultimo mostrasse entusiasmo per le cose giuste e avesse il desiderio di accettare insegnamenti più accurati. (Vedi Glossario, “spirito”.)
battesimo di Giovanni Questo battesimo era una pubblica dimostrazione del pentimento per i peccati commessi contro la Legge che Geova aveva dato a Mosè, Legge che gli ebrei avevano accettato di seguire (Eso 24:7, 8). Il battesimo di Giovanni, comunque, non fu più in vigore a partire dalla Pentecoste del 33, quando il patto della Legge smise di essere valido (Ro 10:4; Gal 3:13; Ef 2:13-15; Col 2:13, 14). Da quel momento in poi, l’unico battesimo approvato da Geova fu quello che Gesù aveva ordinato ai suoi discepoli di compiere (Mt 28:19, 20). Gli avvenimenti qui descritti che coinvolsero Apollo si verificarono all’incirca nel 52.
Via Appellativo usato nel libro degli Atti in riferimento al modo di vivere dei cristiani e alla congregazione cristiana delle origini. Potrebbe essere nato dall’affermazione di Gesù riportata in Gv 14:6: “Io sono la via”. Di quelli che diventavano discepoli di Gesù si diceva che appartenevano alla “Via”: seguivano la via tracciata da Gesù, il modo di vivere che aveva insegnato con il suo esempio (At 19:9). La sua vita era stata incentrata sull’adorazione dell’unico vero Dio, Geova. Il modo di vivere dei cristiani era imperniato anche sulla fede in Gesù Cristo. Qualche tempo dopo il 44, ad Antiochia di Siria, i discepoli di Gesù “furono per volontà divina chiamati cristiani” (At 11:26). Comunque Luca continuò a chiamare la congregazione “Via” o “questa Via” anche dopo l’introduzione del nuovo nome (At 19:23; 22:4; 24:22; vedi approfondimenti ad At 18:25; 19:23).
lo spirito lo spinse ad andare O “la forza attiva lo spinse ad andare”. Qui il termine greco pnèuma si riferisce allo spirito di Dio, una forza motivante che spinge una persona a comportarsi in armonia con la volontà divina (Lu 4:1; vedi Glossario, “spirito”).
Via Come spiegato nell’approfondimento ad At 9:2, “la Via” era un appellativo usato in riferimento alla congregazione cristiana delle origini. Il vero cristianesimo non ha a che fare con le apparenze o con una mera adorazione formale. È piuttosto una via da percorrere, un modo di vivere incentrato sull’adorazione a Dio e guidato dal suo spirito (Gv 4:23, 24). Qui la Pescitta siriaca legge “via di Dio”, la recensione clementina della Vulgata latina riporta “via del Signore”, mentre alcune traduzioni in ebraico delle Scritture Greche Cristiane (definite J17, 18 nell’App. C4) usano il nome divino e dicono “via di Geova”.
immeritata bontà Vedi Glossario.
di Dio Nel testo originale greco non compare l’espressione “di Dio”, ma molti studiosi concordano con il fatto che questo concetto sia sottinteso. Nel libro degli Atti, l’espressione “immeritata bontà” è associata a “Dio” nella maggioranza dei casi (At 11:23; 13:43; 14:26; 20:24, 32).
Galleria multimediale

In questa foto si vedono i resti di una sinagoga che si trovano a Ostia Antica; Ostia era la città portuale di Roma. Anche se l’edificio col tempo fu modificato e ristrutturato, si pensa che la struttura originale fosse una sinagoga costruita nella seconda metà del I secolo. L’esistenza di una sinagoga sta a indicare che nelle vicinanze di Roma ci fu una presenza ebraica che durò molto tempo. Anche se verso il 49 o 50 gli ebrei furono espulsi dalla città di Roma dall’imperatore Claudio, è possibile che delle comunità ebraiche siano rimaste nella zona (At 18:1, 2). Dopo la morte di Claudio nel 54, molti ebrei ritornarono nella città di Roma. Quando intorno al 56 Paolo scrisse la sua lettera ai cristiani di Roma, la congregazione era composta sia da ebrei che da non ebrei. Questo spiega perché Paolo affrontò argomenti che riguardavano entrambi i gruppi per aiutarli a capire come potevano vivere insieme in unità (Ro 1:15, 16).
1. Roma
2. Ostia

Durante i suoi viaggi missionari, l’apostolo Paolo andò a Corinto più volte. La prima volta vi rimase 18 mesi (At 18:1, 11; 20:2, 3). All’epoca la città era un fiorente centro commerciale. A questo aveva contribuito in gran parte la sua posizione strategica: sorgeva infatti sull’istmo che collega la penisola del Peloponneso con la Grecia continentale. Questo metteva Corinto nella condizione di controllare il flusso di merci che transitavano da due porti vicini, Lecheo e Cencrea. La città era un importante crocevia che attirava mercanti e viaggiatori da ogni angolo dell’impero romano, il che la rendeva un luogo perfetto per predicare. Questo video fa accenno alla sua storia e ad alcune scoperte archeologiche, come un’iscrizione che menziona Erasto; fa vedere inoltre come potevano apparire ai giorni di Paolo l’agorà (piazza della città), il bema (tribunale) e uno dei teatri.

Il libro degli Atti menziona due volte l’imperatore Claudio per nome (At 11:28; 18:2). Claudio fu il successore del nipote Caligola (che regnò dal 37 al 41 e che non viene citato nelle Scritture) e divenne il quarto imperatore di Roma; regnò dal 41 al 54. Nel 49 o nel 50, Claudio ordinò a tutti gli ebrei di lasciare Roma. Perciò Priscilla e Aquila si trasferirono a Corinto, dove incontrarono l’apostolo Paolo. Si narra che, nel 54, Claudio morì avvelenato dalla sua quarta moglie. Gli successe Nerone.

Questa iscrizione, ritrovata a Delfi, in Grecia, e risalente circa alla metà del I secolo, menziona il proconsole Gallione (il suo nome è evidenziato nella foto). At 18:12 giustamente afferma che “Gallione era proconsole dell’Acaia” al tempo in cui i giudei di Corinto portarono l’apostolo Paolo al suo cospetto perché fosse da lui giudicato.

La foto riproduce i resti del “tribunale”, o bèma, di Corinto, un’ampia piattaforma rialzata che veniva usata per pronunciare discorsi pubblici. Si trovava vicino al centro dell’agorà, la vasta piazza cittadina. Veniva usata dal magistrato di turno per rendere pubblico il suo giudizio. La struttura, finemente decorata, era di marmo bianco e blu. Chi doveva conferire con il magistrato attendeva il proprio turno in stanze con pavimenti a mosaico e panche di marmo contigue alla piattaforma. Qui si può vedere una possibile ricostruzione del tribunale di Corinto nel I secolo. Si pensa che fosse questo il luogo in cui i giudei portarono Paolo perché comparisse davanti al proconsole Gallione.

La foto mostra le rovine del porto dell’antica Cencrea (Cencre). A quanto pare fu qui che durante il suo secondo viaggio missionario Paolo si imbarcò e salpò per Efeso (At 18:18). Cencrea sorgeva su uno stretto istmo dalla parte del golfo di Egina (golfo Saronico), 11 km circa a est di Corinto, ed era collegata con quella città da una serie di fortificazioni militari. Nel I secolo Cencrea era il porto di Corinto per i paesi a est della Grecia, mentre Lecheo, dalla parte opposta dell’istmo, era il porto di Corinto per l’Italia e altri paesi a ovest della Grecia.

1. Teatro romano
2. Palazzo
3. Ippodromo
4. Tempio pagano
5. Porto
Questo video sulle rovine di Cesarea include delle ricostruzioni in 3D che mostrano come potevano essere alcuni dei suoi edifici e delle sue strutture principali. La città di Cesarea e il suo porto furono costruiti da Erode il Grande verso la fine del I secolo a.E.V. Erode la chiamò così in onore di Cesare Augusto. Situata circa 87 km a nord-ovest di Gerusalemme, lungo la costa del Mediterraneo, Cesarea divenne un centro marittimo importante. La città comprendeva (1) un teatro romano, (2) un palazzo che giungeva fino al mare, (3) un ippodromo, cioè un impianto per la corsa dei cavalli, che poteva contenere circa 30.000 spettatori e (4) un tempio pagano. Il porto (5) era un capolavoro d’ingegneria. Cesarea aveva un acquedotto che forniva l’acqua potabile e un proprio sistema fognario. L’apostolo Paolo e altri cristiani viaggiarono da e per Cesarea via mare (At 9:30; 18:21, 22; 21:7, 8, 16). Paolo fu imprigionato lì per circa due anni (At 24:27). Filippo l’evangelizzatore viaggiò verso Cesarea alla fine di un giro di predicazione e forse vi si stabilì (At 8:40; 21:8). Cornelio, il primo non ebreo incirconciso a diventare cristiano, viveva a Cesarea (At 10:1, 24, 34, 35, 45-48). Fu probabilmente in questa città che Luca scrisse il suo Vangelo.

Gli avvenimenti sono elencati in ordine cronologico
1. Paolo parte da Antiochia di Siria alla volta della Galazia e della Frigia e rafforza i discepoli nelle congregazioni (At 18:23).
2. Paolo attraversa le regioni interne e arriva a Efeso, dove alcuni vengono ribattezzati e ricevono lo spirito santo (At 19:1, 5-7).
3. Paolo predica nella sinagoga a Efeso ma alcuni giudei rifiutano di credere; Paolo va nella scuola di Tiranno e lì pronuncia ogni giorno dei discorsi (At 19:8, 9).
4. Paolo predica con successo a Efeso (At 19:18-20).
5. Nel teatro a Efeso sorge un tumulto (At 19:29-34).
6. Paolo viaggia da Efeso alla Macedonia fino a raggiungere la Grecia (At 20:1, 2).
7. Dopo essere rimasto in Grecia per tre mesi, Paolo ritorna indietro attraverso la Macedonia (At 20:3).
8. Paolo viaggia da Filippi a Troas; lì risuscita Eutico (At 20:5-11).
9. I compagni di Paolo giungono ad Asso via mare, mentre Paolo li raggiunge via terra (At 20:13, 14).
10. Paolo e i suoi compagni salpano per Mileto; lì Paolo incontra gli anziani di Efeso e li esorta con molte parole (At 20:14-20).
11. Paolo prega con gli anziani e dice loro che non avrebbero più rivisto la sua faccia; gli anziani lo accompagnano alla nave (At 20:36-38).
12. Salpando da Mileto, Paolo e i suoi compagni vanno prima a Cos, poi a Rodi e di là a Patara; da qui si imbarcano alla volta della Siria; dopo aver doppiato l’estremità sud-occidentale di Cipro, la nave approda a Tiro (At 21:1-3).
13. A Tiro i discepoli per mezzo dello spirito avvertono ripetutamente Paolo dicendogli di non mettere piede a Gerusalemme (At 21:4, 5).
14. Paolo arriva a Cesarea; il profeta Agabo gli dice che a Gerusalemme lo aspettano delle prove (At 21:8-11).
15. Nonostante il pericolo che lo attende, Paolo arriva a Gerusalemme (At 21:12-15, 17).