Lettera agli Efesini 2:1-22

2  Inoltre Dio vi ha dato vita, anche se eravate morti a causa delle vostre colpe e dei vostri peccati,+  nei quali un tempo camminavate adeguandovi al sistema di cose di questo mondo,+ seguendo il governante dell’autorità dell’aria,+ lo spirito+ che ora agisce nei figli della disubbidienza.  Fra loro, un tempo, tutti noi ci comportavamo secondo i desideri della nostra carne,+ assecondando le inclinazioni della carne e dei pensieri;+ e per natura eravamo figli d’ira+ come gli altri.  Ma Dio è ricco di misericordia+ e, a motivo del grande amore con il quale ci ha amato,+  ci ha dato vita insieme al Cristo proprio quando eravamo morti a causa delle nostre colpe+ (è per immeritata bontà che siete stati salvati).  Insieme ci ha anche risuscitato e ci ha fatto sedere nei luoghi celesti, uniti a Cristo Gesù,+  per dimostrare nei sistemi di cose futuri l’incomparabile ricchezza della sua immeritata bontà mediante la sua benignità verso di noi che siamo uniti a Cristo Gesù.  È per questa immeritata bontà che siete stati salvati mediante la fede,+ e ciò non viene da voi: è il dono di Dio.+  Non è dovuto alle opere,+ e dunque nessuno può vantarsene. 10  Noi infatti siamo opera sua e siamo stati creati,+ uniti a Cristo Gesù,+ per le opere buone che Dio ha predisposto affinché le compiamo.* 11  Perciò ricordatevi che un tempo voi, che siete per nascita* persone delle nazioni, eravate chiamati “incirconcisione” da quelli chiamati “circoncisione”, la quale viene praticata nella carne da mani umane. 12  A quel tempo eravate senza Cristo, esclusi dalla nazione d’Israele, estranei ai patti della promessa;+ non avevate nessuna speranza ed eravate senza Dio nel mondo.+ 13  Ora invece, uniti a Cristo Gesù, voi che un tempo eravate lontani vi siete avvicinati mediante il sangue del Cristo. 14  Lui infatti è la nostra pace,+ colui che dei due gruppi ne ha fatto uno solo+ e ha distrutto il muro divisorio che li separava.+ 15  Mediante la sua carne ha abolito la causa dell’inimicizia, la Legge costituita da comandamenti sotto forma di decreti, per fare dei due gruppi, uniti a lui, un solo uomo nuovo+ e portare la pace, 16  e per riconciliare completamente con Dio entrambi i gruppi in un solo corpo mediante il palo di tortura,+ avendo eliminato l’inimicizia+ per mezzo di sé stesso. 17  Ed è venuto e ha annunciato la buona notizia della pace+ sia a voi che eravate lontani che a quelli che erano vicini; 18  tramite lui, infatti, noi di entrambi i gruppi abbiamo libero accesso al Padre mediante un solo spirito.+ 19  Voi dunque non siete più stranieri e forestieri,+ ma siete concittadini+ dei santi e membri della casa di Dio;+ 20  siete stati edificati sul fondamento degli apostoli e dei profeti,+ mentre Cristo Gesù stesso è la pietra angolare.+ 21  Unito a lui, l’intero edificio, con le sue parti ben collegate,+ cresce fino a diventare un tempio santo per Geova.+ 22  Uniti a lui, anche voi venite edificati insieme per diventare un luogo che Dio abiti mediante lo spirito.+

Note in calce

O “camminiamo in esse”.
O “nella carne”.

Approfondimenti

Lascia che i morti seppelliscano i loro morti Come spiega l’approfondimento a Lu 9:59, molto probabilmente il padre dell’uomo che stava parlando con Gesù era anziano o malato, ma non morto. Quindi Gesù stava evidentemente dicendo: “Lascia che quelli che sono spiritualmente morti seppelliscano i loro morti”; l’uomo non doveva rimandare la decisione di seguire Gesù, dato che a quanto pare c’erano altri familiari che potevano prendersi cura del padre fino alla sua morte. Seguendo Gesù, l’uomo avrebbe imboccato la strada che porta alla vita eterna e non sarebbe stato tra quelli che sono spiritualmente morti dal punto di vista di Dio. Con la sua risposta Gesù fa capire che mettere al primo posto nella propria vita il Regno di Dio e annunciarlo in lungo e in largo è essenziale per rimanere spiritualmente vivi.

è passato dalla morte alla vita Gesù a quanto pare parla di coloro che un tempo erano spiritualmente morti ma che, ascoltando le sue parole, ripongono fede in lui e smettono di camminare nel peccato abbandonando la loro condotta (Ef 2:1, 2, 4-6). Passano “dalla morte alla vita” nel senso che la loro condanna a morte viene revocata e, dal momento che ripongono fede in Dio, viene offerta loro la speranza della vita eterna. Sembra che Gesù si riferisca a coloro che sono spiritualmente morti anche quando, in risposta all’uomo ebreo che vuole andare a casa a seppellire il padre, dice: “Lascia che i morti seppelliscano i loro morti” (Lu 9:60; vedi approfondimenti a Lu 9:60; Gv 5:25).

i morti Riferendosi al tempo (l’ora) in cui i morti avrebbero udito la sua voce, Gesù disse: è questo. Quindi poteva intendere solo esseri umani in vita che avevano ereditato il peccato da Adamo ed erano perciò condannati a morire (Ro 5:12). Dal punto di vista di Dio, gli uomini in generale non hanno nessun diritto alla vita perché “il salario” che il peccato paga loro è la morte (Ro 6:23). Ascoltando la “parola” di Gesù e prestandovi attenzione, una persona sarebbe potuta simbolicamente passare “dalla morte alla vita”. (Vedi approfondimento a Gv 5:24.) I verbi “udire” e “ascoltare” sono usati spesso nella Bibbia nel senso di “prestare attenzione” o “ubbidire”.

eravate morti a causa delle vostre colpe e dei vostri peccati Nella Bibbia i concetti di vita e morte vengono usati anche in senso figurato, o spirituale. Paolo dice che il precedente modo di vivere dei cristiani di Efeso li aveva resi come “morti a causa delle [loro] colpe e dei [loro] peccati”. Secondo un lessico, in questo versetto l’uso metaforico del termine greco per “morti” descrive la condizione di una persona che è così carente dal punto di vista morale o spirituale da essere praticamente morta. Paolo però dice che per Geova ora quei cristiani unti con lo spirito sono vivi, dal momento che sulla base del sacrificio di Gesù si sono pentiti del loro precedente modo di vivere peccaminoso (Ef 2:5; Col 2:13; vedi approfondimenti a Lu 9:60; Gv 5:24, 25).

figlio di In ebraico, aramaico e greco, “figlio di” può indicare una qualità o caratteristica predominante che distingue una persona o descrive un gruppo di persone. Ad esempio, in De 3:18 “uomini valorosi” letteralmente sarebbe “figli di abilità”. In Gb 1:3 “orientali” alla lettera è “figli dell’Oriente”. L’espressione “buono a nulla” che ricorre in 1Sa 25:17 traduce l’originale “figlio di belial”, ovvero “figlio di inutilità”. Nelle Scritture Greche Cristiane coloro che seguono una certa linea di condotta o manifestano certe caratteristiche sono definiti con espressioni come “figli dell’Altissimo”, “figli della luce e figli del giorno” e “figli della disubbidienza” (Lu 6:35; 1Ts 5:5; Ef 2:2).

sistema di cose di questo mondo Il termine greco qui reso “sistema di cose” (aiòn) significa fondamentalmente “(periodo di) tempo”, “epoca”. Spesso denota lo stato delle cose o le caratteristiche che contraddistinguono un certo periodo di tempo. La parola greca per “mondo” (kòsmos) qui si riferisce all’ingiusta società umana lontana da Dio. In questo versetto, dove i due termini compaiono insieme, tutta l’espressione potrebbe essere resa “l’andamento [o “le usanze”, “i modi di fare”] di questo mondo”, in riferimento ai comportamenti e ai valori delle persone lontane da Dio. “Un tempo camminavate adeguandovi al sistema di cose” del mondo, dice Paolo ai cristiani di Efeso, intendendo dire che in precedenza avevano vissuto in modo ingiusto.

il governante dell’autorità dell’aria Il “governante” di cui si parla qui è Satana il Diavolo. Paolo si serve della metafora dell’aria per spiegare come oggi il mondo sia permeato da uno spirito, o atteggiamento dominante, caratterizzato da egoismo e disubbidienza. In 1Co 2:12 dice qualcosa di simile quando menziona “lo spirito del mondo”. Come l’aria letterale si trova ovunque e può essere inspirata in qualunque momento, così “lo spirito del mondo” è sempre presente. Ha “autorità”, o grande influenza, sulla maggior parte del genere umano. Il potere di questo atteggiamento mentale dominante sta nel fascino che esercita sulla carne imperfetta e nel fatto che è insidioso, non dà tregua e, come l’aria, penetra dappertutto. Coloro che sono lontani da Dio e che adottano una condotta contraria alla sua volontà sono qui chiamati “figli della disubbidienza”.

figli della disubbidienza Vedi approfondimento ad At 4:36.

per natura eravamo figli d’ira Adamo disubbidì volontariamente a Dio, assoggettando al peccato e alla morte tutti i suoi discendenti (Ro 5:12, 19). Questa imperfezione ereditata li ha resi “per natura”, cioè dalla nascita, “figli d’ira”, meritevoli del disfavore di Dio e quindi della morte (De 32:5; Ro 2:5; 3:10; Ef 5:6; Col 1:21; 3:6). I cristiani, però, non sono più “figli d’ira” perché resistono alla loro innata inclinazione peccaminosa e accettano il misericordioso invito a essere riconciliati con Dio (Gv 3:36). “A motivo del [suo] grande amore”, Dio ha provveduto “il riscatto pagato da Cristo Gesù” (Ef 2:4, 5; Ro 3:23, 24).

immeritata bontà Vedi Glossario.

nei luoghi celesti Paolo usa questa espressione in Ef 1:20 per riferirsi alla dimora di Dio in cielo. Qui invece sta parlando dei cristiani unti con lo spirito che sono descritti come già risuscitati e seduti “insieme [...] nei luoghi celesti” benché ancora sulla terra. (Questo stesso uso dell’espressione viene fatto in Ef 1:3.) Ciò è possibile perché Dio li ha “designati come eredi” dell’eredità celeste insieme a suo Figlio e ha dato loro una garanzia, o caparra, di questa eredità (Ef 1:11, 13, 14). Così sono nati di nuovo e sono diventati figli di Geova unti con lo spirito (Gv 1:12, 13; 3:5-7), il che li ha resi fratelli di Gesù (Ro 8:15; Ef 1:5) e suoi “coeredi” (Ro 8:17; Ef 1:11; vedi approfondimento a Ef 1:3).

nei luoghi celesti Qui Paolo parla dei cristiani unti come se, benché ancora sulla terra, avessero già ricevuto “ogni benedizione spirituale nei luoghi celesti”. Il contesto spiega che Dio li ha “designati come eredi” dell’eredità celeste insieme a suo Figlio e che ha dato loro una garanzia, o caparra, di questa eredità (Ef 1:11, 13, 14). Quando sono “designati come eredi” vengono elevati, o ‘risuscitati’, a una posizione superiore anche se sono ancora sulla terra (Ef 1:18-20; 2:4-7).

sistema di cose futuro O “era futura”, “epoca futura”. Il termine greco qui presente (aiòn) significa fondamentalmente “(periodo di) tempo”, “epoca”. Può riferirsi allo stato delle cose o alle caratteristiche che contraddistinguono un certo periodo di tempo, un’epoca o un’era. Qui Gesù ha in mente la futura era sotto il Regno di Dio, quando si potrà godere della vita eterna (Lu 18:29, 30; vedi Glossario, “sistema/i di cose”).

sui quali è arrivata la fine dei sistemi di cose L’apostolo Paolo ha ricordato una serie di episodi della storia di Israele (1Co 10:1-10) per arrivare qui a menzionare la fine dei sistemi di cose, o condizioni prevalenti, dei suoi giorni. (Vedi Glossario, “sistema/i di cose”.) Quei “sistemi di cose” erano strettamente collegati al patto della Legge e includevano elementi caratteristici come: un sacerdozio, un sistema di sacrifici e di norme dietetiche, un sistema di adorazione presso il tabernacolo e il tempio che prevedeva anche feste e Sabati, e un sistema nazionale che ebbe poi dei re umani. Molti degli elementi tipici dell’era (epoca) israelitica o ebraica giunsero alla loro fine definitiva solo nel 70, quando Gerusalemme e il tempio vennero distrutti. Questo pose fine per sempre all’adorazione presso il tempio, al sacerdozio e ai sacrifici, tutte cose prescritte dalla Legge. Inoltre il popolo ebraico, un tempo la nazione scelta da Dio, fu disperso tra le nazioni, adempiendo così la profezia di Gesù riportata in Lu 21:24 e le parole di Paolo relative alla “fine dei sistemi di cose” ebraici.

nei sistemi di cose futuri O “nelle ere future”, “nelle epoche future”. Qui l’espressione “sistemi di cose” traduce il plurale del greco aiòn. In questo contesto si riferisce al tempo futuro in cui i cristiani unti regneranno con Cristo Gesù e godranno dell’immeritata bontà di Dio. (Confronta Ef 1:18-23; Eb 6:4, 5.) Il fatto che l’espressione sia usata al plurale indica che il “sistema di cose futuro” comprenderà al suo interno più sistemi di cose, o epoche con determinate caratteristiche. (Vedi approfondimenti a Mr 10:30; 1Co 10:11.) La stessa cosa valeva ad esempio per il sistema di cose giudaico sotto il patto della Legge, che includeva più sistemi interdipendenti e contemporanei. (Vedi Glossario, “sistema/i di cose”.)

immeritata bontà Vedi Glossario.

benignità Il termine greco originale può anche trasmettere il senso di bontà di cuore, generosità (Ro 2:4; 11:22).

immeritata bontà Vedi Glossario.

è una nuova creazione Ogni cristiano unto è una nuova creazione nel senso che diventa un figlio di Dio generato dallo spirito con la prospettiva di regnare con Cristo nel Regno celeste (Gal 4:6, 7). È vero che dalla fine del sesto giorno creativo non sono state create nuove cose fisiche (Gen 2:2, 3), ma qui ci si riferisce alla creazione di nuove cose spirituali.

ma essere una nuova creazione Ogni cristiano unto è una nuova creazione nel senso che diventa un figlio di Dio generato dallo spirito con la prospettiva di regnare con Cristo nel Regno celeste (Gal 4:6, 7). Inoltre gli unti fanno parte della congregazione cristiana, “l’Israele di Dio” (Gal 6:16 e approfondimento), anch’essa una nuova creazione spirituale. (Vedi approfondimento a 2Co 5:17.) Quindi a Dio non importa se un cristiano sia circonciso oppure no.

siamo opera sua O “siamo il prodotto della sua opera”. Dio ha generato “una nuova creazione”, i cristiani unti, in unione con Cristo Gesù. (Vedi approfondimenti a 2Co 5:17; Gal 6:15.) Il termine greco qui reso “opera” è usato anche in Ro 1:20, dove è tradotto “[le] cose che ha fatto”, in riferimento alla creazione fisica. Sembra richiamare l’idea del lavoro realizzato da un abile artigiano.

eravate chiamati “incirconcisione” In riferimento ai non ebrei.

quelli chiamati “circoncisione” In riferimento agli ebrei. (Vedi approfondimento a Ro 2:25.)

circoncisione Secondo la Legge mosaica, ogni adoratore di Geova di sesso maschile doveva essere circonciso (Le 12:2, 3; vedi Glossario). Anche gli stranieri, per poter mangiare la Pasqua, dovevano essere circoncisi (Eso 12:43-49). Ma nel 49, cioè all’incirca sette anni prima che Paolo scrivesse la sua lettera ai Romani, il corpo direttivo a Gerusalemme pervenne alla conclusione che i non ebrei che accettavano la buona notizia non erano obbligati a circoncidersi e a osservare le norme della legge ebraica (At 15:1, 2, 28, 29). Scrivendo ai romani, Paolo sostenne questa decisione ispirata e, sotto la guida dello spirito santo, chiarì ulteriormente la questione qui e nei versetti successivi. Persino sotto il patto della Legge, la circoncisione aveva valore solo se si mostrava ubbidienza alla Legge (Le 18:5; De 30:16; Ger 9:25; vedi approfondimento a Ro 2:29).

esclusi dalla nazione d’Israele Alcuni cristiani di Efeso erano “persone delle nazioni”, quindi incirconcisi (Ef 2:11). In quanto tali, prima di venire a conoscenza dei propositi di Dio, non facevano parte della nazione che godeva di un rapporto privilegiato con lui (Eso 19:5, 6; 1Re 8:53). Le nazioni non israelite infatti non conoscevano Dio e il suo modo di agire, e non avevano una condizione approvata dinanzi a lui.

non avevate nessuna speranza ed eravate senza Dio Anche i cristiani non ebrei, come quelli ebrei, erano peccatori in quanto discendenti di Adamo. Ma il sacrificio di Cristo Gesù aveva offerto la possibilità di avere una stretta amicizia con Dio e la speranza certa di vivere per sempre anche a coloro che appartenevano a nazioni non ebree (Ef 1:7; 2:13).

due gruppi Cioè il gruppo degli ebrei e quello dei non ebrei (Ef 2:11).

il muro divisorio Lett. “il muro di mezzo”. Questa espressione sembra essere un’allusione a un muro presente nel tempio di Gerusalemme del I secolo “che [...] separava” gli adoratori ebrei da quelli non ebrei e che impediva a questi ultimi di entrare nei cortili più interni, accessibili solo agli ebrei. Secondo la Mishnàh si trattava di una barriera munita di grata ed era chiamato Soreg. (Vedi App. B11.) Stando a Giuseppe Flavio, era alto 1,3 m e riportava iscrizioni in greco e in latino che avvertivano i non ebrei di non oltrepassarlo, pena la morte. Quando Paolo scrisse questa lettera, era detenuto con l’accusa di aver portato un non ebreo di Efeso al di là del muro, perciò è probabile che gli efesini sapessero di cosa stava parlando (At 21:28-31; 28:30, 31; Ef 3:1). All’epoca quel muro letterale era ancora in piedi, pertanto quando qui Paolo dice che Gesù “ha distrutto il muro” si riferisce non a quello letterale ma al patto della Legge. Quel muro simbolico, che separava gli ebrei dai non ebrei, era stato abbattuto circa 30 anni addietro sulla base della morte di Cristo.

mediante il palo di tortura Qui l’espressione “palo di tortura” (in greco stauròs) si riferisce alla morte di Gesù sul palo. La sua morte permise di abolire la Legge che, come una barriera, separava gli ebrei dai non ebrei. Pertanto, accettando la riconciliazione resa possibile dalla morte di Gesù, entrambi i gruppi, ovvero gli ebrei e i non ebrei, potevano diventare “un solo corpo mediante il palo di tortura”. (Vedi anche Col 1:20 e Glossario, “palo”; “palo di tortura”.)

di sé stesso O forse “di esso”, in riferimento al palo di tortura (Col 1:20; 2:13, 14).

mediante un solo spirito Cioè tramite lo spirito santo di Dio.

quelli che appartengono alla nostra famiglia della fede L’espressione greca resa “quelli che appartengono alla nostra famiglia” si riferisce ai componenti di una casa, di una famiglia vera e propria (1Tm 5:8). In epoca classica il termine che compare nell’originale poteva riferirsi a un gruppo di persone molto unito che condivideva idee, convinzioni e obiettivi. Questo era il caso delle congregazioni del I secolo, i cui componenti di solito si incontravano in case private (Ro 16:3-5) ed erano uniti da un forte legame spirituale (Ef 2:19).

La nostra cittadinanza La città di Filippi era una colonia romana, e questo garantiva ai suoi abitanti molti privilegi. (Vedi approfondimenti ad At 16:12, 21.) Alcuni componenti della congregazione locale forse avevano una qualche forma di cittadinanza romana, cosa che all’epoca era tenuta in gran conto. La distinzione tra chi era cittadino e chi non lo era rappresentava una questione di una certa rilevanza. Qui però Paolo si riferisce a una cittadinanza di gran lunga superiore, quella nei cieli (Ef 2:19), ed esorta i cristiani unti a concentrarsi non sulle cose terrene (Flp 3:19) ma sulla loro vita futura quali cittadini dei cieli. (Vedi approfondimento a Flp 1:27.)

il muro divisorio Lett. “il muro di mezzo”. Questa espressione sembra essere un’allusione a un muro presente nel tempio di Gerusalemme del I secolo “che [...] separava” gli adoratori ebrei da quelli non ebrei e che impediva a questi ultimi di entrare nei cortili più interni, accessibili solo agli ebrei. Secondo la Mishnàh si trattava di una barriera munita di grata ed era chiamato Soreg. (Vedi App. B11.) Stando a Giuseppe Flavio, era alto 1,3 m e riportava iscrizioni in greco e in latino che avvertivano i non ebrei di non oltrepassarlo, pena la morte. Quando Paolo scrisse questa lettera, era detenuto con l’accusa di aver portato un non ebreo di Efeso al di là del muro, perciò è probabile che gli efesini sapessero di cosa stava parlando (At 21:28-31; 28:30, 31; Ef 3:1). All’epoca quel muro letterale era ancora in piedi, pertanto quando qui Paolo dice che Gesù “ha distrutto il muro” si riferisce non a quello letterale ma al patto della Legge. Quel muro simbolico, che separava gli ebrei dai non ebrei, era stato abbattuto circa 30 anni addietro sulla base della morte di Cristo.

siete concittadini dei santi Paolo conferma ai cristiani non ebrei di Efeso che la loro condizione spirituale era cambiata. Non erano più stranieri e forestieri con diritti limitati; erano invece “concittadini dei santi”, con i quali ora condividevano obiettivi e doveri. Condividevano anche la stessa identità, dal momento che ora erano parte di una nuova nazione spirituale e avevano la stessa cittadinanza degli altri santi. (Vedi Flp 3:20 e approfondimento.) Cristo aveva distrutto il muro, “la Legge costituita da comandamenti”, che separava gli ebrei dai non ebrei; questo aveva dato a entrambi i gruppi libero accesso al Padre tramite Cristo (Ef 2:14-18; vedi approfondimento a Ef 2:14).

membri della casa di Dio Con l’espressione “membri della casa” Paolo sottolinea come gli unti che componevano la congregazione cristiana formavano un unito nucleo familiare (1Tm 3:15). In una famiglia devota tutti i componenti rispettano il capofamiglia come pure le sue decisioni e le regole da lui stabilite; in modo simile, i componenti delle congregazioni del I secolo erano uniti da un forte legame spirituale e rispettavano le disposizioni di Geova. (Vedi approfondimento a Gal 6:10.)

la pietra angolare La parola greca che traduce questa espressione compare solo due volte nelle Scritture Greche Cristiane, qui e in 1Pt 2:6 (dove è resa “pietra angolare di fondamento”). Gesù è “la pietra angolare” della congregazione cristiana degli unti, che Paolo paragona a un edificio (Ef 2:21). Lo stesso termine greco compare una volta anche nella Settanta, nella profezia messianica di Isa 28:16. Lì Geova aveva predetto che avrebbe posto “come fondamento in Sion una pietra provata, la preziosa pietra angolare di un fondamento sicuro”. Pietro citò questa profezia e applicò l’espressione a Gesù (1Pt 2:4-6). Quando venivano poste le fondamenta di un edificio pubblico o della cinta muraria di una città, la pietra angolare veniva collocata nel punto d’incontro di due muri, e teneva insieme le altre pietre. Perché un edificio fosse costruito bene, tutte le altre pietre dovevano essere posizionate avendo come riferimento quella angolare.

con le sue parti ben collegate Questa espressione sottolinea l’importanza dell’unità nella congregazione cristiana. (Vedi “Introduzione a Efesini”.) Tutti i credenti, sia ebrei che non ebrei, potevano accostarsi a Geova in unità e avere lo spirito santo; insieme facevano parte di un tempio spirituale, “un luogo che Dio [abita] mediante lo spirito” (Ef 2:22). In Ef 4:16, nel paragonare la congregazione cristiana a un corpo fisico, Paolo usa nell’originale la stessa espressione, lì resa “armoniosamente unito”.

un tempio santo per Geova La congregazione cristiana degli unti viene paragonata a un edificio o tempio costruito “sul fondamento degli apostoli e dei profeti” e di cui “Cristo Gesù [...] è la pietra angolare” (Ef 2:20). In Ef 2:19, 22 questa congregazione viene definita “casa di Dio” e “luogo che Dio [abita] mediante lo spirito”. Paolo usa parole simili nelle sue lettere ai corinti (2Co 6:16; vedi approfondimenti a 1Co 3:16; 6:19; per maggiori informazioni sull’uso del nome divino in questo versetto, vedi App. C3 introduzione; Ef 2:21).

siete il tempio di Dio Questa è una delle diverse occorrenze in cui la Bibbia paragona delle persone a un tempio. In Gv 2:19 Gesù usa lo stesso paragone del tempio per riferirsi a sé stesso. Nelle Scritture era stato predetto che lui sarebbe diventato “testa dell’angolo” (Sl 118:22; At 4:10, 11) e “pietra angolare” (Isa 28:16, 17) di questo edificio spirituale. Il fatto che in greco il verbo usato qui sia alla seconda persona plurale indica che l’intera congregazione costituisce “il tempio di Dio” nel quale è presente il Suo spirito. I cristiani unti, che servono come sottosacerdoti, sono “l’edificio di Dio” (1Co 3:9; vedi approfondimento). Il v. 17 sottolinea la santità di questo tempio spirituale e avverte chiunque cerchi di contaminarlo. In Ef 2:20-22 e 1Pt 2:6, 7 Paolo e Pietro usano paragoni simili riguardo a Gesù e ai suoi discepoli.

il vostro corpo è il tempio I cristiani unti con lo spirito hanno come gruppo un posto speciale nel proposito di Geova. Non è il corpo di un singolo componente della congregazione a costituire il tempio (1Co 10:17). La Bibbia usa spesso il termine “tempio” in senso metaforico, a volte in riferimento a delle persone. Gesù lo usò parlando di sé stesso in Gv 2:19, e le Scritture predicevano che il Messia sarebbe diventato “testa dell’angolo” (Sl 118:22; At 4:10, 11) e “pietra angolare” (Isa 28:16, 17) di questo edificio spirituale. Paolo e Pietro usano paragoni simili riguardo a Gesù e ai suoi discepoli in 1Co 3:16, 17; Ef 2:20-22 e 1Pt 2:6, 7.

Galleria multimediale

Il Soreg, “il muro divisorio”
Il Soreg, “il muro divisorio”

Quando scrisse ai cristiani di Efeso riguardo all’unità nella congregazione, l’apostolo Paolo paragonò la Legge mosaica a un muro che separava ebrei e non ebrei (Ef 2:14). Probabilmente stava alludendo al muro che circondava i cortili più interni del tempio di Gerusalemme del I secolo. Questo muro, che non era molto alto, veniva chiamato Soreg. Segnava il confine che i non ebrei non potevano oltrepassare, pena la morte. Una volta, mentre era nel tempio, Paolo fu aggredito perché i giudei lo avevano accusato falsamente di aver portato dei non ebrei all’interno dell’area delimitata da questo muro (At 21:26-31). Questo video è utile per capire cosa può aver avuto in mente Paolo quando parlò del “muro divisorio”.