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Geova

Geova

Definizione: Nome proprio del solo vero Dio, nome che egli stesso si è dato. Geova è il Creatore e di conseguenza il legittimo Sovrano dell’universo. “Geova” è la versione italiana del Tetragramma ebraico, יהוה, che significa “Egli fa divenire”. Queste quattro lettere ebraiche si possono rappresentare in molte lingue con le lettere JHVH o YHWH.

Dove si trova il nome di Dio in alcune delle principali traduzioni bibliche?

Vecchio e Nuovo Testamento, tradotti da Antonio Martini: Nelle note ad Esodo 3:14 e 15 dice fra l’altro: “La maniera di pronunziare il nome incomunicabile di Dio è diversa negli antichi autori . . . I più lo pronunziano Jehovah . . . Con questo nome Jehovah io sarò rammentato, e invocato ne’ tempi avvenire”.

La Sacra Bibbia, di Giovanni Diodati: In varie edizioni riporta il nome “Geova” nell’intestazione di pagina 584 e nella soprascritta di Isaia 41.

Versione Riveduta, di Giovanni Luzzi: Nelle note a Esodo 3:15 e 6:3 usa la forma Jahveh. Nella nota a Matteo 1:21 usa la forma Gèova. In Genesi 22:14 ha “Iehovah” come parte di un nome composto.

La Sacra Bibbia, a cura del Pontificio Istituto Biblico: Usa varie volte “Jahve”, ad esempio in Esodo 3:15; 6:2; Salmo 83:19. (Questa e altre traduzioni che usano il nome di Dio in vari luoghi non dovrebbero coerentemente usarlo tutte le volte che il Tetragramma ricorre nel testo ebraico?)

La Bibbia Concordata: Usa “Iavè” in Salmo 83:19.

La Bibbia, a cura di Fulvio Nardoni: Il nome “Jahweh” vi ricorre più volte, ad esempio in Esodo 6:2, 3, 6, 8; Isaia 1:24; 3:1; 10:33; 26:4; 40:10; 51:22; 61:1, ecc.

Versioni di Salvatore Garofalo, di Luigi Moraldi, di Bonaventura Mariani: Usano regolarmente il nome di Dio in tutte le Scritture Ebraiche, a cominciare da Genesi 2:4.

La Sacra Bibbia, delle Edizioni Paoline: Alcune volte ha “Jahvé” nel testo, come in Esodo 6:2, 3 e Geremia 1:6. L’edizione del 1970 ha “Jahvé” in Salmo 83:19, al posto di “il Signore” di edizioni precedenti.

La Sacra Bibbia, versione della CEI: Nella nota in calce a Esodo 3:14, 15 ha “JHWH”; nella nota a 1 Maccabei 3:18 parla del “nome santo di Dio Jahveh”.

La Bibbia di Gerusalemme: Il nome di Dio è menzionato in varie note in calce, come quelle su Esodo 3:13, Isaia 42:8, ecc.

La Sacra Bibbia, a cura di Giuseppe Ricciotti: Menziona il nome divino nelle note a Esodo 3:14; 6:2, 3; Gioele 3:12; Giona 4:10, 11.

Nuovissima Versione della Bibbia (Edizioni Paoline): Riporta il nome divino nella nota ad Esodo 6:2-8.

Il Nuovo Testamento e i Salmi, a cura di Giovanni Luzzi: Oltre che nella nota a Matteo 1:1, usa regolarmente “Jahveh” nella traduzione dei Salmi.

Il Nuovo Testamento e i Salmi, a cura di Oscar Cocorda: Usa varie volte “Iaveh” nei Salmi, ma in Salmo 83:18 ha “JEHOVA”.

Traduzione del Nuovo Mondo: Questa traduzione usa il nome Geova sia nelle Scritture Ebraiche che in quelle Greche Cristiane, complessivamente 7.210 volte.

The Emphatic Diaglott, di Benjamin Wilson: In questa traduzione delle Scritture Greche Cristiane il nome Geova si trova in Matteo 21:9 e in 17 altri passi.

Perché molte traduzioni della Bibbia non usano il nome personale di Dio o lo usano solo qualche volta?

A pagina 41 della prefazione, la versione a cura del Pontificio Istituto Biblico dice: “Per esprimere l’idea di Dio la lingua ebraica dispone di molti termini. Il più frequente (1.440 volte nel Pentateuco, più di 6.800 volte in tutta la Bibbia) è ‘Jahve’ . . . , nome proprio, come personale”. Spiegando poi i motivi per cui traduce quasi sempre Jahve con “il Signore”, in una nota della stessa pagina dice: “Il Signore non è propriamente la traduzione di ‘Jahve’ . . . ma sì di ‘Adonai’. Ora la tradizione ebraica . . . prescrive appunto di leggere ‘Adonai’ ogni qualvolta nel testo è scritto ‘Jahve’, ed è pratica antichissima, . . . al cuore cristiano la voce ‘il Signore’ manda un suono ben noto e commovente, ‘Jahve’ non gli dice nulla, e noi vogliamo che nella nostra versione la parola di Dio vada diritta al cuore del lettore”. (Perciò, nell’eliminare quasi del tutto dalla Sacra Bibbia il nome personale del suo divino Autore, nome che nel testo originale ebraico ricorre più spesso di qualsiasi altro nome o titolo, i traduttori si sono basati sul loro proprio concetto di ciò che è appropriato. Ammettono di aver seguito l’esempio degli aderenti al giudaismo, ai quali Gesù disse: “Avete reso la parola di Dio senza valore a causa della vostra tradizione”. — Matt. 15:6).

Quei traduttori che si sono sentiti in dovere di includere il nome personale di Dio almeno una volta o alcune volte nel testo principale, pur non riportandolo tutte le volte che compare in ebraico, hanno evidentemente seguito l’esempio di William Tyndale, che incluse il nome divino nella traduzione del Pentateuco pubblicata nel 1530, ponendo così fine alla consuetudine di omettere del tutto il nome di Dio.

Gli ispirati scrittori delle Scritture Greche Cristiane usarono il nome Geova?

Nel IV secolo, Girolamo scrisse: “Matteo, che è anche Levi, e che da pubblicano divenne apostolo, per primo compose un Vangelo di Cristo in Giudea nella lingua e nei caratteri ebraici, a beneficio di quelli della circoncisione che avevano creduto”. (De viris inlustribus, cap. III) Questo Vangelo include 11 citazioni dirette di brani delle Scritture Ebraiche contenenti il Tetragramma. Non c’è alcun motivo per ritenere che Matteo non abbia citato i brani così com’erano nel testo ebraico dal quale citava.

Altri scrittori ispirati che redassero parti delle Scritture Greche Cristiane citarono centinaia di brani dalla Settanta, una traduzione greca delle Scritture Ebraiche. Molti di questi brani includevano il Tetragramma ebraico nel testo greco, così come attestano antiche copie della Settanta. In armonia con l’atteggiamento di Gesù stesso nei confronti del nome del Padre suo, i discepoli di Gesù avrebbero senz’altro conservato quel nome in tali citazioni. — Confronta Giovanni 17:6, 26.

Scrivendo nel Journal of Biblical Literature, George Howard, dell’università della Georgia, afferma: “Sappiamo di sicuro che i giudei di lingua greca continuarono a scrivere יהוה nelle loro Scritture greche. Inoltre, è molto improbabile che i primi cristiani ebrei di lingua greca, che erano conservatori, si distaccassero da questa usanza. Anche se in riferimenti secondari a Dio usarono probabilmente le parole [Dio] e [Signore], sarebbe stato molto strano che togliessero il Tetragramma dal testo biblico stesso. . . . Dato che il Tetragramma era ancora scritto nelle copie della Bibbia greca che formavano le Scritture della chiesa primitiva, è ragionevole credere che gli scrittori del NT [Nuovo Testamento], citando la Scrittura, conservassero il Tetragramma nel testo biblico. . . . Ma quando fu tolto dal VT [Vecchio Testamento] greco, fu tolto anche dalle citazioni del VT nel NT. Pertanto, verso l’inizio del secondo secolo, l’uso di sostituti deve aver fatto sparire il Tetragramma da entrambi i Testamenti”. — Vol. 96, n. 1, marzo 1977, pp. 76, 77.

Qual è la corretta pronuncia del nome divino? Geova o Yahweh?

Nessun uomo può oggi sapere con certezza come lo si pronunciasse in origine in ebraico. Perché? In origine nell’ebraico biblico si scrivevano solo le consonanti, senza vocali. Finché la lingua fu di uso quotidiano, i lettori non ebbero difficoltà ad aggiungere le vocali opportune. Col tempo, però, sorse fra gli ebrei una superstizione secondo cui era sbagliato pronunciare ad alta voce il nome proprio di Dio, per cui si servivano di termini sostitutivi. Secoli dopo, studiosi ebrei svilupparono un sistema di punti per rappresentare le vocali da usarsi nel leggere l’ebraico antico, ma, per quanto riguarda le quattro consonanti che rappresentano il nome divino, le vocalizzarono con le vocali dei termini sostitutivi. Così la pronuncia originale del nome divino andò perduta.

Molti studiosi preferiscono la pronuncia “Yahweh”, ma vi è incertezza al riguardo e gli studiosi non sono concordi. D’altra parte, “Geova” è la pronuncia più nota e tradizionalmente accettata, essendo stata in uso per secoli nella lingua italiana. — Vedi alla voce “Geova” il Vocabolario della lingua italiana di Nicola Zingarelli, XI ediz.; il Novissimo Dizionario della Lingua Italiana, di Fernando Palazzi; il Dizionario della lingua italiana, di Devoto e Oli.

J. B. Rotherham, nella sua Emphasised Bible, usò in tutte le Scritture Ebraiche la forma Yahweh. Ma in seguito, nei suoi Studies in the Psalms, usò la forma “Jehovah” (Geova), spiegando: “JEHOVAH — L’uso di questa forma inglese del nome commemorativo . . . nella presente versione del Salterio non è dovuto ad alcun dubbio circa la pronuncia più corretta, Yahwéh, ma esclusivamente alla constatazione personale dell’utilità di non discostarsi dalla forma più nota all’occhio e all’orecchio del pubblico in una questione come questa, dove la cosa principale è che il nome divino venga riconosciuto con facilità”. — Londra, 1911, p. 29.

Dopo aver discusso varie pronunce, il professore tedesco Gustav Friedrich Oehler concluse dicendo: “Da questo punto in poi uso la parola Geova, perché in effetti questo nome è stato adottato nel nostro vocabolario, e non può essere sostituito”. — Theologie des Alten Testaments, seconda edizione, Stoccarda, 1882, p. 143.

Lo studioso gesuita Paul Joüon afferma: “Invece della (presunta) forma Yahweh, nelle nostre traduzioni abbiamo usato la forma Jéhovah . . . che è la forma letteraria convenzionale in francese”. — Grammaire de l’hébreu biblique, Roma, 1923, nota in calce a p. 49.

La maggior parte dei nomi subiscono qualche trasformazione da una lingua all’altra. Gesù era ebreo di nascita, e in ebraico il suo nome si pronunciava forse Yeshùa‛, ma gli scrittori ispirati delle Scritture Cristiane non esitarono a usare la forma greca del nome, Iesoùs. Nella maggioranza delle altre lingue la pronuncia è leggermente diversa, ma ci sentiamo liberi di usare la forma comune nella nostra lingua. Lo stesso vale per altri nomi biblici. Come possiamo dunque mostrare il dovuto rispetto per Colui al quale appartiene il nome più importante di tutti? Non menzionando o non scrivendo mai il suo nome perché non sappiamo esattamente come si pronunciasse in origine? O, piuttosto, usando la pronuncia e la grafia comuni nella nostra lingua, lodando Colui al quale esso appartiene e comportandoci quali suoi adoratori in una maniera che gli reca onore?

Perché è importante conoscere e usare il nome personale di Dio?

Si può avere un’intima relazione con qualcuno di cui non si conosce il nome? Per coloro che non conoscono il Suo nome, Dio spesso è solo una forza impersonale, non una Persona reale che conoscano e amino e alla quale possano parlare di cuore in preghiera. Se pregano, le loro preghiere sono puramente rituali, ripetizioni formali di espressioni imparate a memoria.

I veri cristiani hanno ricevuto da Gesù Cristo l’incarico di fare discepoli di persone di tutte le nazioni. Nell’ammaestrare queste persone, come si può precisare l’identità del vero Dio così da distinguerlo dai falsi dèi delle nazioni? Solo chiamandolo col Suo nome personale come fa la Bibbia. — Matt. 28:19, 20; 1 Cor. 8:5, 6.

Eso. 3:15: “Dio disse . . . a Mosè: ‘Devi dire questo ai figli d’Israele: “Geova l’Iddio dei vostri antenati . . . mi ha mandato a voi”. Questo è il mio nome a tempo indefinito, e questo è il memoriale di me di generazione in generazione’”.

Isa. 12:4: “Rendete grazie a Geova! Invocate il suo nome. Fate conoscere fra i popoli le sue gesta. Menzionate che il suo nome dev’essere innalzato”.

Ezec. 38:17, 23: “Il Sovrano Signore Geova ha detto questo: ‘. . . E certamente mi magnificherò e mi santificherò e mi farò conoscere davanti agli occhi di molte nazioni; e dovranno conoscere che io sono Geova’”.

Mal. 3:16: “Quelli che avevano timore di Geova parlarono gli uni con gli altri, ciascuno col suo compagno, e Geova prestava attenzione e ascoltava. E si cominciò a scrivere dinanzi a lui un libro di memorie per quelli che avevano timore di Geova e per quelli che pensavano al suo nome”.

Giov. 17:26: “[Con riferimento ai suoi seguaci, Gesù disse in preghiera al Padre suo:] Io ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo farò conoscere, affinché l’amore col quale mi hai amato sia in loro e io unito a loro”.

Atti 15:14: “Simeone ha narrato completamente come Dio per la prima volta rivolse l’attenzione alle nazioni per trarne un popolo per il suo nome”.

Il Geova del “Vecchio Testamento” è il Gesù Cristo del “Nuovo Testamento”?

Matt. 4:10: “Gesù gli disse: ‘Va via, Satana! Poiché è scritto: “Devi adorare Geova [“il Signore”, CEI e altre] il tuo Dio, e a lui solo devi rendere sacro servizio”’”. (Ovviamente Gesù non stava dicendo che si dovesse adorare lui).

Giov. 8:54: “Gesù rispose [ai giudei]: ‘Se io glorifico me stesso, la mia gloria non è nulla. È il Padre mio che mi glorifica, colui che voi dite sia vostro Dio’”. (Le Scritture Ebraiche identificano chiaramente Geova come il Dio che i giudei professavano di adorare. Gesù non disse di essere Geova, ma che Geova era il Padre suo. Così Gesù indicò al di là di ogni dubbio che lui e il Padre erano due persone diverse).

Sal. 110:1: “Espressione di Geova al mio Signore [cioè al Signore di Davide]: ‘Siedi alla mia destra finché io ponga i tuoi nemici a sgabello dei tuoi piedi’”. (In Matteo 22:41-45 Gesù spiega di essere egli stesso il “Signore” di Davide menzionato in questo salmo. Gesù non è dunque Geova, ma colui al quale erano rivolte quelle parole di Geova).

Filip. 2:9-11: “Per questa stessa ragione Dio lo ha esaltato a una posizione superiore e gli ha benignamente dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome, affinché nel nome di Gesù si pieghi ogni ginocchio di quelli che sono in cielo e di quelli che sono sulla terra e di quelli che sono sotto il suolo, e ogni lingua confessi apertamente che Gesù Cristo è Signore alla gloria di Dio Padre”. (Come si può notare, Gesù Cristo è distinto da Dio Padre e a lui soggetto).

Come si può amare Geova se lo si deve anche temere?

La Bibbia ci dice sia di amare Geova (Luca 10:27) che di temerlo. (1 Piet. 2:17; Prov. 1:7; 2:1-5; 16:6) Il sano timore di Dio ci spinge a stare molto attenti a non incorrere nel suo disfavore. Il nostro amore per Geova ci stimola a voler fare le cose che gli piacciono e a esprimergli la nostra gratitudine per le sue innumerevoli espressioni di amore e di immeritata benignità.

Esempi: Un figlio ha giustamente timore di recare dispiacere al padre, ma la gratitudine per tutto ciò che il padre fa per lui dovrebbe anche indurlo a manifestargli sincero amore. Un sub può dire che ama il mare, ma il sano timore che esso gli incute gli fa capire che ci sono certe cose che non deve fare. In modo analogo, il nostro amore per Dio dovrebbe coesistere col sano timore di fare qualsiasi cosa possa incorrere nella sua disapprovazione.