Vangelo secondo Luca 20:1-47
Note in calce
Approfondimenti
capi sacerdoti Il termine greco usato nell’originale (in questo caso al plurale) si riferisce ai principali esponenti del sacerdozio, che includevano i sommi sacerdoti deposti e forse anche i capi delle 24 divisioni sacerdotali. Lo stesso termine è reso “sommo sacerdote” quando è al singolare e si riferisce al principale rappresentante del popolo davanti a Dio.
scribi In origine il termine si riferiva ai copisti delle Scritture, ma ai giorni di Gesù designava gli esperti e i maestri della Legge.
anziani Nella Bibbia il termine greco presbỳteros si riferisce principalmente a coloro che hanno una posizione di autorità e di responsabilità all’interno di una comunità o di una nazione. Anche se a volte denota l’età anagrafica (come in Lu 15:25 e At 2:17), presbỳteros non indica solo chi è avanti con gli anni. Qui si riferisce ai capi della nazione giudaica, spesso menzionati insieme a capi sacerdoti e scribi. Il Sinedrio era composto da una rappresentanza di questi tre gruppi (Mt 21:23; 26:3, 47, 57; 27:1, 41; 28:12; vedi Glossario).
capi sacerdoti Vedi approfondimento a Mt 2:4.
scribi Vedi approfondimento a Mt 2:4.
anziani Vedi approfondimento a Mt 16:21.
parabole La parola greca parabolè, che etimologicamente indica “il mettere una cosa accanto all’altra”, può riferirsi a una parabola, un proverbio, un paragone o un esempio. Gesù spesso spiegava una cosa mettendola accanto, o paragonandola, a una simile (Mr 4:30). Le sue parabole erano brevi narrazioni, di solito immaginarie, da cui si ricavava una morale o una verità spirituale.
l’affittò Pratica comune nel I secolo in Israele. In questo caso il proprietario aveva fatto molti lavori preparatori, il che rendeva del tutto ragionevole che si aspettasse un ritorno.
parabola Vedi approfondimento a Mt 13:3.
l’affittò Vedi approfondimento a Mt 21:33.
che lo tenne lontano a lungo Nel narrare la parabola dei coltivatori omicidi, Luca è l’unico a fare questa specifica. (Confronta i passi paralleli di Mt 21:33; Mr 12:1.)
la testa dell’angolo O “la principale pietra angolare”, “la pietra più importante”. “Testa dell’angolo” è la traduzione letterale dell’espressione ebraica riportata in Sl 118:22 e di quella greca qui presente. Anche se l’espressione è stata intesa in diversi modi, sembra che si riferisca alla pietra posta in cima all’angolo di un edificio, laddove si congiungono due muri, per garantire che questi rimangano uniti. Gesù citò questa profezia e la applicò a sé stesso, indicando che era lui “la testa dell’angolo”. Come la pietra più alta di un edificio è bene in vista, così Gesù Cristo è la pietra che corona l’unta congregazione cristiana, paragonata a un tempio spirituale.
la testa dell’angolo Vedi approfondimento a Mt 21:42.
a Cesare O “all’imperatore”. L’imperatore romano all’epoca del ministero terreno di Gesù era Tiberio, ma “Cesare” non si riferiva solo all’imperatore regnante. Poteva simboleggiare l’autorità civile romana (lo Stato) e i suoi rappresentanti, che Paolo chiama “autorità superiori” e a cui Pietro fa riferimento parlando del “re” e dei suoi “governatori” (Ro 13:1-7; 1Pt 2:13-17; Tit 3:1; vedi Glossario, “Cesare”).
a Cesare Vedi approfondimento a Mt 22:17.
questa immagine e questa iscrizione Sulla faccia anteriore, o recto, del denaro comunemente in circolazione a quel tempo c’era un’effigie di Tiberio (imperatore dal 14 al 37 E.V.) con una corona d’alloro e l’iscrizione “Tiberio Cesare Augusto figlio del Divo Augusto” in latino. (Vedi anche App. B14.)
denaro Questa moneta d’argento romana, che recava un’iscrizione con il nome di Cesare, era il tributo pro capite che i romani esigevano dagli ebrei (Mt 22:17, 19; Lu 20:22). Ai giorni di Gesù i braccianti ricevevano solitamente un denaro per una giornata lavorativa di 12 ore, e le Scritture Greche Cristiane spesso usano il denaro come riferimento per calcolare altri valori monetari (Mt 20:2; Mr 6:37; 14:5; Ri 6:6). In Israele circolavano diversi tipi di monete di rame e d’argento, tra cui monete d’argento coniate a Tiro che venivano usate per pagare la tassa per il tempio. Ma evidentemente, per pagare le tasse ai romani, si usava il denaro d’argento che recava l’immagine, o effigie, di Cesare. (Vedi Glossario e App. B14.)
l’immagine e l’iscrizione Vedi approfondimento a Mt 22:20.
Rendete O “restituite”. Era stato Cesare a coniare le monete, quindi aveva il diritto di chiedere che gliene fosse restituita una parte. Tuttavia non aveva il diritto di esigere che una persona dedicasse la vita a lui. Dio ha dato agli uomini “la vita, il respiro e ogni cosa” (At 17:25). Quindi una persona può ‘rendere’ la sua vita e la sua devozione solo a Dio, l’unico che ha il diritto di esigere una devozione esclusiva.
a Dio ciò che è di Dio Con questa espressione si intende quello che si deve a Dio: adorarlo con tutto il cuore, amarlo con tutta l’anima e ubbidirgli in modo leale e completo (Mt 4:10; 22:37, 38; At 5:29; Ro 14:8).
rendete Vedi approfondimento a Mt 22:21.
a Cesare ciò che è di Cesare Qui e nei passi paralleli di Mt 22:21 e Mr 12:17 è riportata l’unica circostanza della quale si abbia notizia in cui Gesù fece riferimento all’imperatore romano. Con “ciò che è di Cesare” si intende il pagamento per i servizi resi dai governi, nonché l’onore, il rispetto e la sottomissione relativa da mostrare alle autorità (Ro 13:1-7).
a Dio ciò che è di Dio Vedi approfondimento a Mt 22:21.
sadducei Questo è l’unico punto del Vangelo di Luca in cui si fa menzione dei sadducei. (Vedi Glossario.) È probabile che il termine (in greco Saddoukàios) sia riconducibile a Zadoc (nome spesso scritto Saddoùk nella Settanta), che fu nominato sommo sacerdote ai giorni di Salomone e i cui discendenti evidentemente prestarono servizio come sacerdoti per secoli (1Re 2:35).
risurrezione Il termine greco anàstasis significa letteralmente “il far alzare”, “l’alzarsi”. È utilizzato circa 40 volte nelle Scritture Greche Cristiane in riferimento alla risurrezione dei morti (Mt 22:23, 31; Lu 20:33; At 4:2; 24:15; 1Co 15:12, 13). Nella Settanta, Isa 26:19 riporta il verbo affine ad anàstasis come traduzione del verbo ebraico per “vivere” nell’espressione “i tuoi morti vivranno”. (Vedi Glossario.)
a sposare la donna fu il secondo Presso gli antichi ebrei, se un uomo moriva senza figli, ci si aspettava che il fratello ne sposasse la vedova per assicurare al defunto una discendenza (Gen 38:8). Questa consuetudine, successivamente incorporata nella Legge mosaica, era detta levirato (De 25:5, 6). Come dimostra la menzione che ne fanno i sadducei, ai giorni di Gesù il levirato era ancora praticato. Anche se la Legge permetteva a un uomo di rifiutarsi di assolvere il proprio dovere di cognato, era vergognoso che questi non volesse “dare un discendente a suo fratello” (De 25:7-10; Ru 4:7, 8).
a sposare la donna fu il secondo Vedi approfondimento a Mr 12:21.
sistema di cose Il termine greco qui presente (aiòn) significa fondamentalmente “(periodo di) tempo”, “epoca”. Può riferirsi allo stato delle cose o alle caratteristiche che contraddistinguono un certo periodo di tempo, un’epoca o un’era. Gesù intende dire che chi bestemmia contro lo spirito santo non sarà perdonato né nell’attuale sistema di cose malvagio che è sotto il dominio di Satana (2Co 4:4; Ef 2:2; Tit 2:12) né nel futuro sistema di cose sotto il dominio di Dio, quando si potrà godere della “vita eterna” (Lu 18:29, 30; vedi Glossario).
sistema di cose futuro O “era futura”, “epoca futura”. Il termine greco qui presente (aiòn) significa fondamentalmente “(periodo di) tempo”, “epoca”. Può riferirsi allo stato delle cose o alle caratteristiche che contraddistinguono un certo periodo di tempo, un’epoca o un’era. Qui Gesù ha in mente la futura era sotto il Regno di Dio, quando si potrà godere della vita eterna (Lu 18:29, 30; vedi Glossario, “sistema di cose”).
figli O “persone”. Il termine greco reso “figli” qui non si riferisce solo a immediati discendenti di sesso maschile ma assume un significato più ampio. Che si tratti sia di uomini che di donne lo si comprende dal fatto che il versetto prosegue dicendo: gli uomini si sposano e le donne sono date in moglie. Anche se nell’originale non si parla espressamente di uomini e donne, i verbi utilizzati sono espliciti, infatti si potrebbero tradurre alla lettera “prendere moglie” e “maritarsi”. In questo contesto, l’intera espressione “figli di questo sistema di cose” si riferisce evidentemente a persone i cui atteggiamenti e il cui modo di vivere riflettono i tratti caratteristici dell’attuale sistema di cose.
questo sistema di cose Il termine greco qui presente (aiòn) significa fondamentalmente “(periodo di) tempo”, “epoca”. Può riferirsi allo stato delle cose o alle caratteristiche che contraddistinguono un certo periodo di tempo, un’epoca o un’era. In questo contesto si riferisce all’attuale sistema di cose. (Vedi approfondimenti a Mt 12:32; Mr 10:30 e Glossario, “sistema di cose”.)
sistema di cose Il termine greco qui presente (aiòn) significa fondamentalmente “(periodo di) tempo”, “epoca”. Può riferirsi allo stato delle cose o alle caratteristiche che contraddistinguono un certo periodo di tempo, un’epoca o un’era. Gesù intende dire che chi bestemmia contro lo spirito santo non sarà perdonato né nell’attuale sistema di cose malvagio che è sotto il dominio di Satana (2Co 4:4; Ef 2:2; Tit 2:12) né nel futuro sistema di cose sotto il dominio di Dio, quando si potrà godere della “vita eterna” (Lu 18:29, 30; vedi Glossario).
sistema di cose futuro O “era futura”, “epoca futura”. Il termine greco qui presente (aiòn) significa fondamentalmente “(periodo di) tempo”, “epoca”. Può riferirsi allo stato delle cose o alle caratteristiche che contraddistinguono un certo periodo di tempo, un’epoca o un’era. Qui Gesù ha in mente la futura era sotto il Regno di Dio, quando si potrà godere della vita eterna (Lu 18:29, 30; vedi Glossario, “sistema di cose”).
quel sistema di cose Il termine greco qui presente (aiòn) significa fondamentalmente “(periodo di) tempo”, “epoca”. Può riferirsi allo stato delle cose o alle caratteristiche che contraddistinguono un certo periodo di tempo, un’epoca o un’era. Qui si riferisce al futuro sistema di cose sotto il dominio di Dio, quando avrà luogo la risurrezione dai morti. (Vedi approfondimenti a Mt 12:32; Mr 10:30 e Glossario, “sistema di cose”.)
figli O “persone”. Il termine greco reso “figli” qui non si riferisce solo a immediati discendenti di sesso maschile ma assume un significato più ampio. Che si tratti sia di uomini che di donne lo si comprende dal fatto che il versetto prosegue dicendo: gli uomini si sposano e le donne sono date in moglie. Anche se nell’originale non si parla espressamente di uomini e donne, i verbi utilizzati sono espliciti, infatti si potrebbero tradurre alla lettera “prendere moglie” e “maritarsi”. In questo contesto, l’intera espressione “figli di questo sistema di cose” si riferisce evidentemente a persone i cui atteggiamenti e il cui modo di vivere riflettono i tratti caratteristici dell’attuale sistema di cose.
figli Il termine greco reso “figli” compare due volte in questo versetto. In alcuni casi non si riferisce solo a immediati discendenti di sesso maschile ma assume un significato più ampio. (Vedi approfondimento a Lu 20:34.)
nel libro di Mosè I sadducei riconoscevano come ispirati da Dio solo gli scritti di Mosè. Si opponevano a quello che Gesù insegnava riguardo alla risurrezione: evidentemente pensavano che questo insegnamento non avesse basi nel Pentateuco. Per sostenere la risurrezione dei morti, Gesù avrebbe potuto citare diversi passi delle Scritture, come Isa 26:19, Da 12:13 e Os 13:14. Ma, sapendo quali erano gli scritti accettati dai sadducei, ricorse a parole che Geova aveva detto a Mosè (Eso 3:2, 6).
lo ha indicato anche Mosè Vedi approfondimento a Mr 12:26.
dove chiama Geova ‘l’Iddio di Abraamo’ O “quando dice: ‘Geova l’Iddio di Abraamo’”. Come spiega Gesù, dal racconto di Mosè si evince che Geova continuava a essere il Dio dei patriarchi anche se erano morti da tantissimo tempo. La citazione in questo versetto è tratta da Eso 3:6. I versetti precedenti (Eso 3:4, 5) mostrano che è “Geova” che sta parlando, e nel v. 6 si legge che dice a Mosè: “Io sono l’Iddio di tuo padre, l’Iddio di Abraamo, l’Iddio di Isacco e l’Iddio di Giacobbe”. In quel momento, Abraamo era già morto da 329 anni, Isacco da 224 e Giacobbe da 197. Eppure Geova non dice: ‘Io ero l’Iddio di’. Dice: “Io sono l’Iddio di”. Il richiamo alle Scritture Ebraiche presente in questo versetto di Luca è una delle ragioni per cui nella Traduzione del Nuovo Mondo il nome Geova è stato riportato nel testo principale. (Vedi App. C1 e C3 introduzione; Lu 20:37.)
per lui sono tutti vivi O “dal suo punto di vista sono tutti vivi”. La Bibbia mostra che chi è vivo ma è lontano da Dio è come morto ai suoi occhi (Ef 2:1; 1Tm 5:6). D’altra parte, coloro che muoiono avendo l’approvazione di Geova sono ancora vivi dal suo punto di vista, dato che il suo proposito di risuscitarli non mancherà di adempiersi (Ro 4:16, 17).
Geova Nell’originale ebraico di Sl 110:1, qui citato, compare il nome divino trascritto con quattro consonanti ebraiche (traslitterate YHWH). Ma, come viene spiegato nell’App. A5, la maggior parte delle traduzioni della Bibbia non usa il nome di Dio in quello che comunemente viene chiamato Nuovo Testamento, nemmeno quando si tratta di citazioni dalle Scritture Ebraiche. La maggioranza delle Bibbie dice semplicemente “Signore”. Tuttavia, come spiega l’App. C, esistono traduzioni bibliche che nel testo principale delle Scritture Greche Cristiane usano forme come Jehovah, Yahveh, Yahweh, יהוה (YHWH, ovvero il Tetragramma), come pure SIGNORE e ADONAI scritti tutto in maiuscolo a indicare che sono nomi sostitutivi del nome divino. Per quanto riguarda l’italiano, il nome divino è stato generalmente omesso nel testo delle Scritture Greche Cristiane, ma ci sono delle versioni che lo riportano in alcune note in calce con rese come Yhwh, JHWH, Yahweh, Jahvé, Geova. Alcune edizioni del XVII secolo della King James Version (“Bibbia del re Giacomo”) qui e in altri tre punti delle Scritture Greche Cristiane in cui viene citato Sl 110:1 riportano “il SIGNORE” scritto in maiuscolo (Mt 22:44; Mr 12:36; At 2:34). La stessa cosa si riscontra in edizioni posteriori. Dal momento che nelle Scritture Ebraiche la King James usa la forma “il SIGNORE” laddove nell’originale ebraico compare il nome divino, la scelta dei traduttori di usare “il SIGNORE” nelle Scritture Greche Cristiane indicherebbe che secondo loro in quei punti ci si riferiva a Geova. È degno di nota anche il fatto che nella New King James Version, pubblicata la prima volta nel 1979, questo uso di “il SIGNORE” fu esteso a tutte le occorrenze di questa parola che si riferiscono al nome divino e che si trovano in citazioni dalle Scritture Ebraiche.
piazze O “luoghi di mercato”, “luoghi di raduno”. Il termine greco agorà è qui usato in riferimento a un luogo all’aperto dove anticamente nelle città e nei villaggi del Medio Oriente e del mondo greco-romano si comprava, si vendeva e si tenevano riunioni pubbliche.
primi posti O “posti migliori”. Evidentemente i capi della sinagoga e gli ospiti di riguardo sedevano vicino ai rotoli delle Scritture, davanti agli occhi di tutta la congregazione. Questi posti d’onore erano probabilmente riservati a persone in vista come loro.
piazze Vedi approfondimento a Mt 23:7.
primi posti Vedi approfondimento a Mt 23:6.
Galleria multimediale

La ricostruzione presentata in questo video è in parte basata sui resti di una sinagoga del I secolo ritrovati a Gamala (Gamla), località circa 10 km a nord-est del Mar di Galilea. Nessuna sinagoga del I secolo è giunta intatta ai nostri giorni, quindi non si può sapere con certezza come fossero strutturate. Questa rappresentazione include alcuni degli aspetti che erano probabilmente presenti in molte sinagoghe di quel tempo.
1. I primi posti, o posti migliori, potevano trovarsi sulla pedana su cui saliva chi parlava o nelle immediate vicinanze.
2. La pedana dalla quale venivano lette le Scritture aveva una collocazione che forse variava da una sinagoga all’altra.
3. I gradini lungo le pareti potevano essere occupati da persone con una posizione di riguardo nella comunità. Gli altri probabilmente si sedevano sul pavimento sopra a delle stuoie. Sembra che la sinagoga di Gamala avesse quattro file di posti a sedere.
4. L’arca era la teca in cui venivano conservati i rotoli sacri e poteva trovarsi sulla parete in fondo.
La disposizione riguardante i posti a sedere nella sinagoga ricordava costantemente ai presenti che alcuni avevano una posizione superiore rispetto ad altri, argomento di cui spesso dibatterono i discepoli di Gesù (Mt 18:1-4; 20:20, 21; Mr 9:33, 34; Lu 9:46-48).

Nel I secolo era comune che in occasione di un pasto ci si mettesse sdraiati attorno al tavolo. I commensali stavano reclinati sul fianco sinistro, con il gomito sinistro appoggiato a un cuscino, e mangiavano con la mano destra. Secondo la consuetudine del mondo classico, una tipica sala da pranzo aveva tre divani, o letti, disposti attorno a un tavolo basso. I romani la chiamavano triclinium (da un termine greco che indicava una stanza con, appunto, “tre letti”). In genere con questa disposizione potevano starci nove persone, tre a divano, ma diventò comune usare divani più lunghi per più persone. Tradizionalmente a ogni divano corrispondeva un grado di onore: più basso (A), medio (B) e più elevato (C). Anche la disposizione dei commensali sui divani rifletteva il grado di importanza. Una persona era considerata superiore a chi stava alla sua destra e inferiore a chi stava alla sua sinistra. A un banchetto più formale il padrone di casa di solito sedeva all’estrema sinistra (1) del divano con il grado di onore più basso. Il posto d’onore era nel divano centrale all’estrema destra (2). Anche se non è chiaro fino a che punto gli ebrei adottarono questa usanza, sembra che Gesù alludesse proprio a questa consuetudine quando insegnò ai suoi discepoli l’importanza dell’umiltà.