Vangelo secondo Luca 19:1-48
Note in calce
Approfondimenti
Zaccheo Forse da un termine ebraico che significa “puro”. Sembra che, come capo degli esattori di tasse, Zaccheo fosse il responsabile di altri esattori di tasse che si trovavano a Gerico o nei suoi dintorni. La zona attorno a questa città era fertile e produttiva, e gli introiti fiscali erano ingenti. Zaccheo era ricco, e dalle sue parole riportate in Lu 19:8 si capisce che era ricorso a metodi discutibili per procurarsi almeno parte della sua ricchezza.
accusate falsamente Il termine greco qui reso “accusare falsamente” (sykofantèo) è reso “estorcere” o “estorcere mediante falsa accusa” in Lu 19:8. (Vedi approfondimento a Lu 19:8.) È composto da sỳkon (“fico”) e fàino (“mostrare”). Da questo verbo deriva il sostantivo italiano “sicofante”, propriamente “denunciatore (dei ladri) di fichi”. Ci sono varie ipotesi sull’origine di questo termine. Una è che nell’antica Atene fosse vietata l’esportazione di fichi dalla provincia; quindi sicofante sarebbe stato colui che denunciava altri accusandoli di tentare di esportare fichi. Il termine finì per indicare uno che accusa altri a scopo di lucro, un ricattatore.
estorto O “estorto mediante falsa accusa”. (Vedi approfondimento a Lu 3:14.)
il quadruplo Probabilmente grazie ai suoi registri delle imposte, Zaccheo poteva calcolare quanto aveva ricevuto da ciascun ebreo, e giurò di restituire quattro volte tanto, addirittura più di ciò che era richiesto dalla Legge di Dio. Secondo la Legge, nei casi in cui si pentiva e ammetteva la colpa, il frodatore doveva restituire per intero la somma estorta e “aggiungervi un quinto [cioè il 20 per cento] del suo valore” (Le 6:2-5; Nu 5:7). Zaccheo però disse che avrebbe restituito il quadruplo. Dimostrò così sia amore per i poveri che giustizia verso gli oppressi, frutti che davano prova del suo pentimento.
parabole La parola greca parabolè, che etimologicamente indica “il mettere una cosa accanto all’altra”, può riferirsi a una parabola, un proverbio, un paragone o un esempio. Gesù spesso spiegava una cosa mettendola accanto, o paragonandola, a una simile (Mr 4:30). Le sue parabole erano brevi narrazioni, di solito immaginarie, da cui si ricavava una morale o una verità spirituale.
parabola Vedi approfondimento a Mt 13:3.
Regno Prima occorrenza del greco basilèia, termine che può riferirsi al governo, al territorio o ai sudditi sotto il dominio di un re. Nel testo originale delle Scritture Greche Cristiane ricorre 162 volte; 55 di queste si trovano nel libro di Matteo e per la maggior parte si riferiscono al governo celeste di Dio. Matteo usa questo termine così frequentemente che il suo Vangelo viene anche chiamato “Vangelo del Regno”. (Vedi Glossario, “Regno di Dio”.)
Regno Nella Bibbia la parola tradotta “regno” è usata per indicare diverse cose, tra cui una regione o un paese governato da un re, il potere regale, un reame, l’essere governati da un re. Qui evidentemente si riferisce ai benefìci o benedizioni di cui gode chi è governato dal Regno di Dio e vive entro i suoi confini.
per ottenere il potere regale O “per ottenere il regno”. Il termine greco basilèia, il più delle volte tradotto “regno”, ha un’ampia gamma di significati; spesso si riferisce al governo, al territorio o ai sudditi sotto il dominio di un re. (Vedi approfondimenti a Mt 3:2; 25:34.) Può anche indicare il potere regale, il ruolo o la posizione del re, con la dignità, il potere e l’autorità che ne derivano. Nell’impero romano non era insolito che una persona di famiglia nobile si recasse a Roma per ricevere l’investitura regale. È senz’altro possibile che la parabola di Gesù abbia ricordato a chi lo ascoltava la figura di Archelao, figlio di Erode il Grande: prima di morire, Erode lo aveva designato erede al trono della Giudea e di altre zone, ma Archelao poté iniziare a regnare solo dopo essere andato fino a Roma per assicurarsi l’avallo di Cesare Augusto.
mine La mina greca non era una moneta, ma un’unità di peso pari a circa 340 g; aveva anche un valore monetario corrispondente a 100 dramme, valore desunto da antichi scritti greci. Visto che la dramma valeva quasi quanto il denaro, una mina era una somma considerevole. (Vedi Glossario, “denaro”.) La mina greca differiva dalla mina ebraica. (Vedi Glossario, “mina”, e App. B14.)
per ottenere il potere regale O “per ottenere il regno”. Il termine greco basilèia, il più delle volte tradotto “regno”, ha un’ampia gamma di significati; spesso si riferisce al governo, al territorio o ai sudditi sotto il dominio di un re. (Vedi approfondimenti a Mt 3:2; 25:34.) Può anche indicare il potere regale, il ruolo o la posizione del re, con la dignità, il potere e l’autorità che ne derivano. Nell’impero romano non era insolito che una persona di famiglia nobile si recasse a Roma per ricevere l’investitura regale. È senz’altro possibile che la parabola di Gesù abbia ricordato a chi lo ascoltava la figura di Archelao, figlio di Erode il Grande: prima di morire, Erode lo aveva designato erede al trono della Giudea e di altre zone, ma Archelao poté iniziare a regnare solo dopo essere andato fino a Roma per assicurarsi l’avallo di Cesare Augusto.
denaro Lett. “argento”, cioè argento usato come moneta di scambio.
il potere regale O “il regno”. (Vedi approfondimento a Lu 19:12.)
denaro Vedi approfondimento a Mt 25:18.
denaro Lett. “argento”, cioè argento usato come moneta di scambio.
denaro Vedi approfondimento a Mt 25:18.
banca Nella parabola delle mine riportata nel Vangelo di Luca, come anche in quella dei talenti presente nel Vangelo di Matteo, Gesù fece riferimento a una banca e a dei “banchieri” che pagavano gli interessi a chi depositava una somma di denaro presso di loro (Mt 25:14-30; Lu 19:12-27). La parola greca qui tradotta “banca”, tràpeza, significa letteralmente “tavolo”, “tavola” (Mt 15:27). Nel caso di operazioni finanziarie, come quelle dei cambiavalute, questo termine si riferisce al tavolo o al banco su cui venivano esposte le monete (Mt 21:12; Mr 11:15; Gv 2:15). Nel I secolo coloro che prestavano denaro a interesse, i “banchieri”, avevano un ruolo importante in Israele e nelle nazioni vicine.
interessi La Legge vietava agli israeliti di imporre un interesse sui prestiti concessi ai loro connazionali che erano nel bisogno (Eso 22:25), ma permetteva esplicitamente di esigere interessi sui prestiti concessi agli stranieri, prestiti che probabilmente venivano chiesti per finanziare imprese commerciali (De 23:20). Ai giorni di Gesù era evidentemente consueto che i banchieri corrispondessero degli interessi a chi depositava una somma di denaro presso di loro.
Betfage Il nome di questo villaggio, ubicato sul Monte degli Ulivi, deriva da un’espressione ebraica che probabilmente significa “casa dei fichi primaticci”. La tradizione lo colloca tra Gerusalemme e Betania, sul pendio sud-orientale del Monte degli Ulivi, nei pressi del punto più alto del monte, a circa 1 km da Gerusalemme (Mr 11:1; Lu 19:29; vedi App. A7, cartina 6).
Betania Villaggio ubicato sul lato ESE del Monte degli Ulivi, a circa 3 km da Gerusalemme (Gv 11:18). A Betania si trovava la casa di Marta, Maria e Lazzaro, che a quanto pare era il punto d’appoggio di Gesù in Giudea (Gv 11:1). Oggi nello stesso sito si trova un piccolo villaggio il cui nome arabo significa “il luogo di Lazzaro”.
Betfage Vedi approfondimento a Mt 21:1.
Betania Vedi approfondimento a Mt 21:17.
un’asina legata e con questa un puledro Matteo è l’unico evangelista a menzionare sia l’asina che il suo puledro (Mr 11:2-7; Lu 19:30-35; Gv 12:14, 15). Evidentemente Marco, Luca e Giovanni fanno riferimento a un unico animale perché Gesù cavalcò solo il puledro. (Vedi approfondimento a Mt 21:5.)
un puledro Cioè un giovane asino. Quando descrivono questo avvenimento, Marco, Luca (19:35) e Giovanni (12:14, 15) fanno riferimento a un unico animale, il puledro. Matteo (21:2-7) aggiunge il dettaglio della presenza della madre del puledro. (Vedi approfondimenti a Mt 21:2, 5.)
un puledro Vedi approfondimenti a Mt 21:2; Mr 11:2.
Geova Nell’originale ebraico di Sl 118:26, qui citato, compare il nome divino trascritto con quattro consonanti ebraiche (traslitterate YHWH). (Vedi App. C.)
griderebbero le pietre Come mostra il contesto, Gesù si riferiva in modo specifico alla dichiarazione dei suoi discepoli contestata dai farisei (Lu 19:37-39). I discepoli stavano usando le parole riportate in Sl 118:26. Quel salmo profetico si doveva senz’altro adempiere in quell’occasione, dato che le parole di Geova non tornano da lui “senza risultati” (Isa 55:11). Se i discepoli fossero stati costretti a stare zitti in quella circostanza, per adempiere questa profezia sarebbero state le pietre a gridare.
pianse Il termine greco reso “pianse” spesso indica un pianto udibile.
fortificazione di pali appuntiti O “palizzata”. Questa è l’unica occorrenza del termine greco chàrax nelle Scritture Greche Cristiane. Questo termine può essere definito “palo o asse a punta utilizzato per la realizzazione di una recinzione” ma anche “installazione militare che comporta l’impiego di pali, palizzata”. Le parole di Gesù si adempirono nel 70, quando i romani, al comando di Tito, eressero un muro d’assedio, o palizzata, intorno a Gerusalemme. Tito si prefiggeva tre obiettivi: impedire che gli ebrei fuggissero, costringerli alla resa e prendere la città per fame. Per reperire i materiali necessari, le truppe romane privarono di tutti gli alberi i dintorni della città.
qui non ci sarà affatto pietra che rimarrà sull’altra La profezia di Gesù si adempì in modo sorprendente nel 70, quando i romani distrussero Gerusalemme e il suo tempio. A parte alcuni tratti delle mura, la città fu completamente rasa al suolo.
non lasceranno in te una pietra sopra l’altra Vedi approfondimento a Mt 24:2.
il tempo in cui sei stata ispezionata O “il tempo stabilito della tua ispezione”. Il termine greco episkopè (“ispezione”, “visita”) è affine ai termini epìskopos (“sorvegliante”) ed episkopèo (“stare attenti”, “osservare”, “sorvegliare”); può avere un’accezione sia positiva che negativa. Gli ebrei infedeli, che non riconobbero nel ministero terreno di Gesù un tempo di ispezione, avrebbero ricevuto un giudizio avverso da parte di Dio. Coloro che invece riconobbero quel tempo di ispezione e lo sfruttarono per pentirsi e mostrare fede in Dio avrebbero ricevuto la sua approvazione. Lo stesso termine greco è usato nella Settanta in Isa 10:3 e Ger 10:15 a fronte di un termine ebraico contenuto nell’espressione tradotta “giorno della resa dei conti (della punizione)”.
tempio Probabilmente l’area del tempio conosciuta come cortile dei gentili. (Vedi App. B11.)
tempio Vedi approfondimento a Mt 21:12.
scacciare quelli che vendevano In questa occasione, che si verifica il 10 nisan del 33, Gesù purifica il tempio una seconda volta. L’avvenimento è descritto nei Vangeli di Matteo (21:12-17), Marco (11:15-18) e Luca. La prima purificazione era stata compiuta nel periodo della Pasqua del 30 ed è descritta in Gv 2:13-17.
covo di ladri Qui Gesù stava alludendo a Ger 7:11. Probabilmente chiamò “ladri” i mercanti e i cambiavalute perché realizzavano profitti ingiusti vendendo animali da sacrificare e richiedendo commissioni esorbitanti per il cambio delle valute. Inoltre Gesù era indignato per il fatto che quella casa di preghiera, il luogo in cui si adorava Geova, era stata trasformata in un posto dove si svolgevano attività commerciali.
covo di ladri Vedi approfondimento a Mt 21:13.
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Il sicomoro (Ficus sycomorus) è menzionato solo una volta nelle Scritture Greche Cristiane, nel brano in cui si narra la visita di Gesù a Gerico nella primavera del 33 (Lu 19:1-10). Questo albero appartiene alla stessa famiglia del fico e del gelso, ma non va confuso con il sicomoro nordamericano. I suoi frutti sono molto simili ai fichi. I sicomori raggiungono un’altezza di 10-15 m, sono robusti e possono vivere centinaia di anni. Crescevano nella valle del Giordano, e le Scritture Ebraiche indicano che erano numerosi anche nella Sefela, regione tra la pianura costiera e le colline della Giudea (1Re 10:27; 2Cr 1:15; 9:27). Si tratta di un sempreverde, apprezzato per l’ombra che offre grazie al fogliame folto e ampio. Per questa ragione veniva spesso piantato ai margini delle strade. Il tronco tozzo e robusto si dirama quasi subito e i rami più bassi sono vicino a terra. Per questo un uomo di bassa statura come Zaccheo non avrà fatto fatica ad arrampicarsi su un sicomoro.

Questo breve video presenta un percorso di avvicinamento a Gerusalemme da est, dal moderno villaggio di Et-Tur (che nella Bibbia si ritiene corrisponda a Betfage), verso uno dei punti più alti del Monte degli Ulivi. Betania si trovava a est di Betfage, sul pendio orientale del Monte degli Ulivi. Quando andavano a Gerusalemme, Gesù e i suoi discepoli avevano l’abitudine di passare la notte a Betania, dove oggi si trova il villaggio di El-Azariyeh, nome arabo che significa “il luogo di Lazzaro”. Gesù si fermava sicuramente a casa di Marta, Maria e Lazzaro (Mt 21:17; Mr 11:11; Lu 21:37; Gv 11:1). Nel tragitto da casa loro a Gerusalemme forse seguiva un percorso simile a quello mostrato nel video. Il 9 nisan del 33 Gesù salì in groppa al puledro di un’asina, verosimilmente a Betfage, e proseguì lungo la via per Gerusalemme passando per il Monte degli Ulivi.
1. Strada da Betania a Betfage
2. Betfage
3. Monte degli Ulivi
4. Valle del Chidron
5. Monte del Tempio

L’asino è un equino dagli zoccoli robusti, che si distingue dal cavallo per la corporatura più piccola, la criniera più corta, le orecchie più lunghe e la coda fornita di un ciuffo di peli solo nella parte terminale. Benché la stupidità e l’ostinazione dell’asino siano proverbiali, in realtà la sua intelligenza è ritenuta superiore a quella del cavallo. È un animale solitamente paziente. Israeliti anche importanti, sia uomini che donne, cavalcarono asini (Gsè 15:18; Gdc 5:10; 10:3, 4; 12:14; 1Sa 25:42). Salomone, figlio di Davide, andò a farsi ungere re cavalcando la mula (ibrido nato dall’incrocio tra un asino e una cavalla) che era stata di suo padre (1Re 1:33-40). Era dunque del tutto appropriato che Gesù, il più grande Salomone, adempisse la profezia di Zac 9:9 cavalcando non un cavallo, ma un puledro d’asino, un asinello.

Si ritiene che queste pietre, rinvenute nella parte meridionale del Muro Occidentale, fossero parte della struttura del tempio del I secolo. Sono state lasciate qui a memoria della distruzione di Gerusalemme e del tempio da parte dei romani.