Vangelo secondo Giovanni 9:1-41
Note in calce
Approfondimenti
in cui regnano le tenebre Nell’originale compare l’espressione “l’autorità (potere) delle tenebre”, in riferimento al potere esercitato da e su coloro che sono nelle tenebre spirituali. (Confronta Col 1:13.) In At 26:18, le tenebre sono menzionate insieme all’“autorità di Satana”. Satana esercitò la sua autorità spingendo degli esseri umani a compiere le opere delle tenebre che portarono all’esecuzione di Gesù. Ad esempio, in Lu 22:3 si legge che “Satana entrò in Giuda, quello chiamato Iscariota”, che successivamente tradì Gesù (Gen 3:15; Gv 13:27-30).
viene la notte Nella Bibbia la parola “notte” a volte viene usata in senso figurato. Qui Gesù si riferisce al tempo in cui sarebbe stato processato, condannato e messo a morte, e quindi non sarebbe più stato in grado di compiere le opere di suo Padre (Gb 10:21, 22; Ec 9:10; confronta approfondimento a Lu 22:53).
la saliva La Bibbia menziona tre occasioni in cui Gesù usò la propria saliva quando compì guarigioni miracolose (Mr 7:31-37; 8:22-26; Gv 9:1-7). La saliva veniva impiegata comunemente nei rimedi popolari. I miracoli di Gesù però erano compiuti sotto l’influsso dello spirito di Dio, perciò non era la sua saliva a guarire le persone. Prima che l’uomo cieco dalla nascita recuperasse la vista, Gesù gli disse: “Va’ a lavarti nella piscina di Siloam” (Gv 9:7). Senza dubbio questo servì a mettere alla prova la sua fede, proprio come nel caso di Naaman, a cui era stato detto di bagnarsi nel Giordano per poter guarire dalla lebbra (2Re 5:10-14).
piscina di Siloam I resti di una piscina del I secolo, che si pensa siano quelli della piscina di Siloam, sono stati rinvenuti a Gerusalemme a S del monte del tempio. Si trovano alla base dello sperone meridionale su cui in origine fu costruita l’antica città, vicino al punto d’incontro tra la valle del Tiropeo e quella del Chidron. (Vedi App. B12.) Siloam è l’equivalente greco del nome ebraico “Siloe”, forse affine al verbo ebraico shalàch, che significa “mandare (fuori)”, “inviare”. Ecco perché Giovanni traduce il significato del nome Siloam con inviato. In Isa 8:6, dove il nome ebraico Siloe indica una conduttura d’acqua o un canale che serviva per l’approvvigionamento idrico di Gerusalemme, la Settanta usa il nome Siloam. La piscina di Siloam veniva approvvigionata dalla sorgente di Ghihon, una fonte che mandava fuori, o inviava, acqua a intermittenza. Il nome Siloam potrebbe essere collegato proprio a questo. In Gv 9:7 alcune traduzioni delle Scritture Greche Cristiane in ebraico (definite J7-14, 16-18, 22 nell’App. C4) usano il termine “Siloe”.
giudei Evidentemente le autorità giudaiche o i capi religiosi. (Vedi approfondimento a Gv 7:1.)
giudei Nel Vangelo di Giovanni questo termine trasmette significati diversi a seconda del contesto. Può riferirsi in generale agli ebrei o agli abitanti della Giudea, oppure a chi viveva a Gerusalemme o nei dintorni. Può anche riferirsi in modo più specifico ai giudei che si attenevano con fanatismo a tradizioni umane legate alla Legge mosaica, spesso contrarie allo spirito della Legge stessa (Mt 15:3-6). Fra questi “giudei” spiccavano le autorità giudaiche o i capi religiosi, che erano ostili a Gesù. In questo versetto e in alcune delle altre occorrenze di questo termine nel capitolo 7 di Giovanni, il contesto indica che ci si sta riferendo alle autorità giudaiche o ai capi religiosi (Gv 7:13, 15, 35a; vedi Glossario).
è adulto O “è grande abbastanza”, “è maggiorenne”. L’espressione si può riferire all’età in cui sotto la Legge mosaica gli uomini diventavano abili al servizio militare, cioè 20 anni (Nu 1:3). Questo concorda con il fatto che del cieco viene detto che era “un uomo” (Gv 9:1), non un bambino, e che “chiedeva l’elemosina” (Gv 9:8). Secondo alcuni questa espressione si riferisce all’età in cui nella società ebraica si raggiungeva la maturità legale, cioè 13 anni.
tribunali Nelle Scritture Greche Cristiane il termine originale synèdrion, qui usato al plurale e reso “tribunali”, si riferisce in genere al Sinedrio, la corte suprema giudaica che si trovava a Gerusalemme. (Vedi Glossario, “Sinedrio”, e approfondimenti a Mt 5:22; 26:59.) Tuttavia era anche un termine generico usato per indicare un’assemblea o una riunione; qui designa i tribunali locali che avevano sede presso le sinagoghe e avevano l’autorità di infliggere pene come la flagellazione e la scomunica (Mt 23:34; Mr 13:9; Lu 21:12; Gv 9:22; 12:42; 16:2).
giudei Evidentemente le autorità giudaiche o i capi religiosi. (Vedi approfondimento a Gv 7:1.)
espulso dalla sinagoga O “scomunicato”, “escluso dalla sinagoga”. L’aggettivo greco aposynàgogos viene usato solo qui, in Gv 12:42 e 16:2. Chi veniva espulso era disprezzato e tagliato fuori dalla comunità. Questa emarginazione poteva comportare gravi conseguenze economiche per una famiglia ebraica. Le sinagoghe, usate primariamente come luogo di istruzione, erano utilizzate in certi casi come sedi di tribunali locali che avevano l’autorità di infliggere pene come la flagellazione e la scomunica. (Vedi approfondimento a Mt 10:17.)
giudei Nel Vangelo di Giovanni questo termine trasmette significati diversi a seconda del contesto. Può riferirsi in generale agli ebrei o agli abitanti della Giudea, oppure a chi viveva a Gerusalemme o nei dintorni. Può anche riferirsi in modo più specifico ai giudei che si attenevano con fanatismo a tradizioni umane legate alla Legge mosaica, spesso contrarie allo spirito della Legge stessa (Mt 15:3-6). Fra questi “giudei” spiccavano le autorità giudaiche o i capi religiosi, che erano ostili a Gesù. In questo versetto e in alcune delle altre occorrenze di questo termine nel capitolo 7 di Giovanni, il contesto indica che ci si sta riferendo alle autorità giudaiche o ai capi religiosi (Gv 7:13, 15, 35a; vedi Glossario).
Da’ gloria a Dio Espressione idiomatica usata per obbligare una persona a dire la verità. Il senso potrebbe anche essere reso con “da’ gloria a Dio dicendo la verità” o “di’ la verità davanti a Dio”. (Confronta Gsè 7:19.)
gli resero omaggio O “gli si inchinarono”, “si prostrarono a lui”, “lo ossequiarono”. Quelle persone riconobbero che Gesù era un rappresentante di Dio. Gli resero omaggio non perché lo considerassero un dio o una divinità, ma perché lo ritenevano “il Figlio di Dio”. (Vedi approfondimenti a Mt 2:2; 8:2; 18:26.)
gli rese omaggio O “gli si inchinò”, “si prostrò a lui”, “lo ossequiò”. Quando il verbo greco proskynèo è usato nel senso di venerare un dio o una divinità viene tradotto “adorare” (Mt 4:10; Lu 4:8). Ma in questo contesto l’uomo cieco dalla nascita che era stato guarito riconobbe che Gesù era un rappresentante di Dio e per questo gli rese omaggio. Vedeva in lui non Dio, o una divinità, ma il predetto “Figlio dell’uomo”, il Messia investito di autorità divina (Gv 9:35). Quando si inchinò a Gesù, lo fece evidentemente alla maniera delle persone menzionate nelle Scritture Ebraiche, le quali si inginocchiavano o prostravano davanti a profeti, re o altri rappresentanti di Dio (1Sa 25:23, 24; 2Sa 14:4-7; 1Re 1:16; 2Re 4:36, 37). Spesso l’omaggio che le persone rendevano a Gesù era frutto della gratitudine per una rivelazione divina o del riconoscimento di una dimostrazione di favore divino, espressi come si usava fare nelle epoche precedenti (Mt 14:32, 33; 28:5-10, 16-18; Lu 24:50-52; vedi anche approfondimenti a Mt 2:2; 8:2; 14:33; 15:25).
gli rese omaggio O “gli si inchinò”, “si prostrò a lui”, “lo onorò”. Anche nelle Scritture Ebraiche si fa menzione di persone che si inginocchiarono o prostrarono davanti a profeti, re o altri rappresentanti di Dio (1Sa 25:23, 24; 2Sa 14:4-7; 1Re 1:16; 2Re 4:36, 37). Quest’uomo evidentemente riconobbe che stava parlando con un rappresentante di Dio che aveva il potere di compiere guarigioni. Inchinarsi era un appropriato segno di rispetto nei confronti del futuro Re scelto da Geova (Mt 9:18; per maggiori informazioni sul termine greco qui usato, vedi approfondimento a Mt 2:2).
rendergli omaggio O “inchinarci a lui”, “prostrarci a lui”. Quando il verbo greco proskynèo è usato nel senso di venerare un dio o una divinità viene tradotto “adorare”. Comunque, in questo caso gli astrologi avevano appena chiesto: “Dov’è il re dei giudei che è nato?” È quindi chiaro che qui proskynèo si riferisce al rendere omaggio a un re umano, e non al venerare un dio. Il verbo è usato in modo simile in Mr 15:18, 19 in riferimento al gesto dei soldati che schernirono Gesù inginocchiandosi davanti a lui e chiamandolo “re dei giudei”. (Vedi approfondimento a Mt 18:26.)
gli rese omaggio O “gli si inchinò”, “si prostrò a lui”, “lo ossequiò”. Evidentemente, chiamando Gesù “Figlio di Davide” (Mt 15:22), questa donna non ebrea riconobbe in lui il Messia promesso. Gli rese omaggio non perché lo considerasse un dio o una divinità, ma perché lo riteneva un rappresentante di Dio. (Vedi approfondimenti a Mt 2:2; 8:2; 14:33; 18:26.)
Galleria multimediale
Nel passato la piscina di Siloam veniva tradizionalmente identificata con una piccola piscina a Gerusalemme chiamata Birket Silwan. Ma nel 2004, a meno di 100 m a sud-est di quest’ultima, sono stati rinvenuti i resti di una piscina molto più grande. Gli scavi hanno portato alla luce monete risalenti alla rivolta giudaica contro Roma (66-70), prova del fatto che la piscina fu in uso fino alla distruzione di Gerusalemme per mano dei romani. Oggi questa piscina più grande è generalmente considerata la piscina di Siloam menzionata in Gv 9:7. Come si vede nella foto, alcune serie di gradini intervallate da superfici piane più ampie scendevano verso il fondo della piscina (oggi piena di detriti e vegetazione), permettendo di entrare nell’acqua anche quando il suo livello variava.
1. Piscina di Siloam
2. Monte del tempio