Atti degli Apostoli 16:1-40

16  Poi arrivò a Derbe e a Listra.+ Là c’era un discepolo di nome Timòteo:+ sua madre era una donna giudea credente ma suo padre era greco,  e i fratelli di Listra e di Icònio parlavano bene*+ di lui.  Paolo espresse il desiderio che Timòteo lo accompagnasse. Così lo prese e lo circoncise a motivo dei giudei che erano in quelle zone:+ tutti infatti sapevano che suo padre era greco.  Mentre viaggiavano per le città, trasmettevano ai fratelli le decisioni prese dagli apostoli e dagli anziani a Gerusalemme, perché le rispettassero.+  Le congregazioni erano quindi rese ferme nella fede e crescevano di giorno in giorno.  Attraversarono poi la Frìgia e il paese della Galàzia,+ visto che lo spirito santo aveva impedito* loro di annunciare la parola nella provincia dell’Asia.  E, raggiunta la Mìsia, cercarono di andare in Bitìnia,+ ma lo spirito di Gesù non lo permise loro.  Allora passarono la Mìsia e scesero a Tròas.*  E durante la notte Paolo ebbe una visione. Gli stava davanti un uomo macedone che lo supplicava dicendo: “Vieni in Macedonia e aiutaci”. 10  Subito dopo quella visione cercammo di andare in Macedonia, avendo tratto la conclusione che Dio ci aveva chiamato a dichiarare loro la buona notizia. 11  Perciò salpammo da Tròas e procedemmo direttamente verso Samotràcia, e il giorno seguente verso Neàpoli. 12  Di là andammo a Filippi,+ colonia romana e principale città di quella regione della Macedonia. Rimanemmo in quella città per alcuni giorni. 13  Il Sabato uscimmo dalla porta della città e andammo lungo il fiume, dove pensavamo ci fosse un luogo di preghiera; ci sedemmo e ci mettemmo a parlare alle donne che erano lì radunate. 14  Una donna di nome Lidia, commerciante di porpora della città di Tiàtira+ e adoratrice di Dio, stava ad ascoltare, e Geova le aprì pienamente il cuore perché afferrasse quello che Paolo diceva.+ 15  Dopo essere stata battezzata insieme alla sua casa,+ ci supplicò dicendo: “Se mi avete giudicata fedele a Geova, venite e rimanete a casa mia”. E ci costrinse ad accettare. 16  In seguito, mentre andavamo al luogo di preghiera, ci venne incontro una giovane serva posseduta da uno spirito, un demonio di divinazione,+ la quale procurava ai suoi padroni molto guadagno predicendo il futuro. 17  La ragazza seguiva Paolo e noi, e gridava: “Questi uomini sono schiavi dell’Iddio Altissimo+ e vi proclamano la via della salvezza!” 18  Continuò a fare questo per molti giorni. Alla fine Paolo non ne poté più; si voltò e disse allo spirito: “Ti ordino in nome di Gesù Cristo di uscire da lei!” E in quell’istante lo spirito uscì.+ 19  Quando i suoi padroni videro che la loro speranza di guadagno era svanita,+ presero Paolo e Sila e li trascinarono nella piazza dalle autorità.*+ 20  Li fecero comparire davanti ai magistrati e dissero: “Questi uomini creano molto disturbo nella nostra città.+ Sono giudei 21  e proclamano usanze che non ci è lecito accettare né praticare,+ visto che siamo romani”.+ 22  Allora la folla insorse contro di loro, e i magistrati, strappate loro le vesti, diedero il comando di bastonarli.+ 23  Dopo aver inflitto loro molti colpi, li gettarono in prigione,+ ordinando al carceriere di tenerli sotto stretta custodia.+ 24  Ricevuto quest’ordine, il carceriere li gettò nella cella più interna della prigione e fissò i loro piedi ai ceppi. 25  Verso la mezzanotte Paolo e Sila pregavano e lodavano Dio con canti,+ e i prigionieri li ascoltavano. 26  Improvvisamente ci fu un terremoto così forte che le fondamenta del carcere furono scosse. Tutte le porte si aprirono all’istante e le catene di tutti si sciolsero.+ 27  Il carceriere si svegliò e vide che le porte della prigione erano aperte; allora sguainò la spada e stava per uccidersi, immaginando che i prigionieri fossero fuggiti.+ 28  Ma Paolo gridò ad alta voce: “Non farti del male: siamo tutti qui!” 29  Il carceriere chiese delle lanterne, si precipitò dentro e, tutto tremante, si gettò ai piedi di Paolo e Sila. 30  Poi li portò fuori e disse: “Signori, che devo fare per essere salvato?” 31  Gli risposero: “Credi nel Signore Gesù e sarai salvato, tu e la tua casa”.+ 32  E annunciarono la parola di Geova a lui e a tutti quelli della sua casa. 33  Il carceriere li prese con sé a quell’ora della notte e lavò loro le ferite. E lui e tutti i suoi furono subito battezzati.+ 34  Poi li portò a casa sua, apparecchiò loro la tavola e si rallegrò molto con tutti quelli della sua casa ora che aveva creduto in Dio. 35  Quando si fece giorno, i magistrati mandarono le guardie a dire: “Liberate quegli uomini”. 36  Il carceriere riferì le loro parole a Paolo: “I magistrati hanno dato l’ordine che voi due siate liberati. Quindi uscite pure e andatevene in pace”. 37  Ma Paolo disse loro: “Ci hanno fustigato pubblicamente senza che fossimo stati condannati,* noi che siamo romani,+ e ci hanno gettato in prigione. Ora ci mandano fuori di nascosto? No davvero! Vengano loro stessi a farci uscire”. 38  Le guardie riferirono queste parole ai magistrati, che ebbero paura quando sentirono che quegli uomini erano romani.+ 39  Quindi andarono da loro, si scusarono e, dopo averli fatti uscire, li pregarono di lasciare la città. 40  Ma loro, usciti dalla prigione, andarono a casa di Lidia.+ Quando videro i fratelli, li incoraggiarono,+ e poi partirono.

Note in calce

O “rendevano buona testimonianza”.
O “e lo spirito santo impedì”.
O “Tròade”.
O “governanti”.
O “senza processo”.

Approfondimenti

Timoteo Questa è la prima menzione biblica di Timoteo, il cui nome greco significa “uno che onora Dio”. Non si sa con precisione quando abbia abbracciato il cristianesimo. Si sa comunque che sua madre Eunice, ebrea credente, e probabilmente anche sua nonna Loide gli insegnarono sin da quando era molto piccolo “gli scritti sacri” degli ebrei, le Scritture Ebraiche (2Tm 1:5; 3:15). È molto probabile che Eunice e Loide siano diventate cristiane quando Paolo visitò Listra durante il suo primo viaggio missionario. Il padre di Timoteo è definito greco, il che significa o che i suoi antenati erano originari della Grecia o che lui apparteneva a un’altra razza. A quanto pare non era cristiano. Durante il suo secondo viaggio missionario, alla fine del 49 o agli inizi del 50, Paolo tornò a Listra, evidentemente città natale di Timoteo. A quel tempo Timoteo era un discepolo cristiano e “i fratelli di Listra e di Iconio parlavano bene di lui” (At 16:2). Poteva essere negli ultimi anni dell’adolescenza o avere poco più di 20 anni, deduzione confermata da quello che 10-15 anni dopo (probabilmente tra il 61 e il 64) Paolo gli scrisse: “Nessuno disprezzi la tua giovane età” (1Tm 4:12). Questo indica che all’epoca di quella prima lettera Timoteo era ancora un uomo relativamente giovane.

lo circoncise Paolo sapeva bene che la circoncisione non era un requisito per i cristiani (At 15:6-29). Timoteo, il cui padre non era credente, non era stato circonciso; Paolo si rendeva conto che questo avrebbe potuto turbare alcuni degli ebrei a cui avrebbero fatto visita durante il loro giro di predicazione. Invece di lasciare che questo ostacolasse la loro opera, Paolo chiese a Timoteo di sottoporsi a quel doloroso intervento chirurgico. In questo modo, entrambi dimostrarono con le azioni il senso delle parole che in seguito Paolo stesso scrisse ai corinti: “Per i giudei sono diventato come un giudeo, per guadagnare i giudei” (1Co 9:20).

anziani Qui il termine greco presbỳteros si riferisce a coloro che avevano una posizione di responsabilità all’interno della congregazione cristiana delle origini. Gli anziani della congregazione di Gerusalemme e gli apostoli costituivano il gruppo da cui Paolo, Barnaba e alcuni fratelli di Antiochia di Siria si recarono per risolvere la questione della circoncisione. Come alcuni anziani guidavano l’Israele letterale a livello di nazione, gli anziani cui si fa riferimento qui formavano insieme agli apostoli un corpo direttivo per tutte le congregazioni cristiane del I secolo. Questo indica che il nucleo che in origine serviva come corpo direttivo (i 12 apostoli) si era allargato (At 1:21, 22, 26; vedi approfondimenti a Mt 16:21; At 11:30).

apostoli e [...] anziani a Gerusalemme Come spiegato nell’approfondimento ad At 15:2, in Israele alcuni anziani ricoprivano posizioni di responsabilità sull’intera nazione. In modo simile, questi anziani di Gerusalemme formavano insieme agli apostoli un corpo direttivo per tutte le congregazioni cristiane del I secolo. Dopo aver trattato la questione della circoncisione, questi apostoli e anziani resero nota la loro decisione alle congregazioni, che ne riconobbero l’autorevolezza.

provincia dell’Asia Vedi Glossario, “Asia”.

lo spirito di Gesù Evidentemente l’espressione si riferisce allo spirito santo, o forza attiva, che Gesù aveva “ricevuto dal Padre” (At 2:33). In qualità di capo della congregazione cristiana, Gesù usò tale spirito per guidare l’opera di predicazione dei primi cristiani, indicando loro dove concentrare gli sforzi. In questo caso, Gesù usò “lo spirito santo” per impedire a Paolo e ai suoi compagni di viaggio di predicare nella provincia dell’Asia e nella provincia della Bitinia (At 16:6-10). La buona notizia fu comunque estesa a queste regioni in periodi successivi (At 18:18-21; 1Pt 1:1, 2).

passarono O “attraversarono”. Il verbo greco qui reso “passarono” (parèrchomai) non esclude l’idea di attraversare una zona, cosa che evidentemente fecero in questa circostanza Paolo e i suoi compagni di viaggio. Il porto marittimo di Troas era nella regione della Misia, che si trovava nella parte nord-occidentale dell’Asia Minore. Era necessario che attraversassero la Misia per raggiungere Troas, quindi “passarono la Misia” nel senso che viaggiarono attraverso quella zona ma non vi si fermarono per predicare in modo esteso.

Macedonia Vedi Glossario.

Nel primo racconto Con questa espressione Luca si riferisce al suo resoconto della vita di Gesù. Nel suo Vangelo si è concentrato su “tutte le cose che Gesù fece e insegnò dagli inizi”. Nel libro degli Atti riprende da dove ha interrotto e narra quello che i discepoli di Gesù dissero e fecero. I due libri sono simili per stile e lessico, ed entrambi sono indirizzati a Teofilo. Se Teofilo fosse o meno un discepolo di Cristo non viene detto espressamente. (Vedi approfondimento a Lu 1:3.) Luca inizia il libro degli Atti riassumendo molti degli avvenimenti menzionati alla fine del suo Vangelo, chiara indicazione che questo secondo libro è una prosecuzione del primo. In questa sintesi, però, usa parole un po’ diverse e fornisce ulteriori dettagli. (Confronta Lu 24:49 con At 1:1-12.)

ci L’uso che Luca fa del pronome personale di prima persona “ci” indica che si era riunito con Paolo a Filippi; i due si erano separati sempre a Filippi qualche tempo prima (At 16:10-17, 40). Insieme viaggiarono da Filippi a Gerusalemme, dove Paolo sarebbe poi stato arrestato (At 20:5–21:18, 33). Qui inizia la seconda porzione del libro degli Atti in cui Luca si include nel racconto. (Vedi approfondimenti ad At 16:10; 27:1.)

salpassimo Come già detto negli approfondimenti ad At 16:10 e 20:5, in alcune porzioni del libro degli Atti, nel descrivere gli eventi lo scrittore, Luca, usa la prima persona plurale (At 27:20). Questo indica che Luca accompagnò Paolo in alcuni tratti dei suoi molteplici viaggi. Il testo di Atti che inizia qui e prosegue fino ad At 28:16 è una di quelle porzioni, il che dimostra che Luca viaggiò con Paolo fino a Roma.

dichiarare la buona notizia Il verbo greco euaggelìzomai qui usato è affine al sostantivo euaggèlion (“buona notizia”). Nelle Scritture Greche Cristiane un aspetto importante di questa buona notizia è strettamente collegato al Regno di Dio, tema dell’opera di predicazione e di insegnamento di Gesù, e alla salvezza mediante la fede in Gesù Cristo. Nel libro degli Atti il verbo greco euaggelìzomai ricorre tante volte, il che dà risalto all’opera di predicazione (At 8:4, 12, 25, 35, 40; 10:36; 11:20; 13:32; 14:7, 15, 21; 15:35; 16:10; 17:18; vedi approfondimenti a Mt 4:23; 24:14).

cercammo Fino a At 16:9, la narrazione del libro degli Atti è fatta in terza persona, quindi lo scrittore Luca riferisce solo ciò che altri hanno detto o fatto. Qui in At 16:10, tuttavia, si assiste a un cambiamento della tecnica narrativa. Da questo punto in poi Luca si include nel racconto, e usa la prima persona plurale in porzioni del libro che riferiscono avvenimenti durante i quali evidentemente era con Paolo e i suoi compagni di viaggio. (Vedi approfondimento ad At 1:1 e “Introduzione ad Atti”.) La prima volta che Luca accompagnò Paolo fu da Troas a Filippi all’incirca nel 50, ma, quando Paolo lasciò Filippi, Luca non era più con lui (At 16:10-17, 40; vedi approfondimenti ad At 20:5; 27:1).

dichiarare [...] la buona notizia Vedi approfondimento ad At 5:42.

Filippi In origine si chiamava Crenide (Krenides). Verso la metà del IV secolo a.E.V. Filippo II il Macedone (padre di Alessandro Magno) conquistò la città dopo aver sconfitto i traci e le diede il suo nome. Nella zona c’erano ricchi giacimenti d’oro, e furono coniate monete d’oro con il nome di Filippo. Verso il 168 a.E.V. Lucio Emilio Paolo sconfisse Perseo, ultimo re di Macedonia, e conquistò Filippi e la regione circostante. Nel 146 a.E.V. tutta la Macedonia era diventata un’unica provincia romana. La battaglia in cui Ottaviano e Marco Antonio sconfissero gli eserciti di Bruto e Cassio, assassini di Giulio Cesare, ebbe luogo nella pianura di Filippi (nel 42 a.E.V.). In seguito, a ricordo della grande vittoria riportata, Ottaviano elevò Filippi a colonia romana. Quando qualche anno dopo Ottaviano fu insignito dal senato romano del titolo di Cesare Augusto, chiamò la città Colonia Augusta Iulia Philippensis. (Vedi App. B13.)

il fiume Molti studiosi identificano questo fiume con il Gangite, situato 2,4 km a O di Filippi, distanza maggiore rispetto a quella che era consentito coprire di Sabato. Alcuni ritengono che, a motivo del carattere militare di Filippi, agli ebrei fosse vietato radunarsi all’interno della città per il culto e che quindi dovessero riunirsi lontano dalla città. Altri ipotizzano che si tratti del Crenide (Krenides), piccolo corso d’acqua più vicino a Filippi e chiamato dalla gente del posto “fiume di Lidia”. Tuttavia in quel luogo sono state rinvenute tombe romane e, dato che era una zona esposta al pubblico, alcuni ritengono improbabile che fosse un luogo di preghiera. Altri ancora lo fanno coincidere con il letto di un fiume oggi asciutto fuori dalla Porta di Neapoli, dove nel IV o nel V secolo furono costruite varie chiese per commemorare la visita di Paolo a Filippi.

luogo di preghiera Forse agli ebrei non era permesso avere una sinagoga a Filippi a motivo del carattere militare della città. Oppure vi erano meno di 10 ebrei maschi, il numero minimo necessario secondo la tradizione per poter aprire una sinagoga.

Una donna di nome Lidia Lidia è menzionata per nome solo due volte nella Bibbia, qui e in At 16:40. È documentato che “Lidia” veniva usato come nome proprio, anche se alcuni ritengono che fosse un soprannome che significava “donna della Lidia”. Lidia e la sua casa abbracciarono il cristianesimo intorno al 50 a Filippi, quindi furono tra le prime persone in Europa a diventare cristiane a seguito della predicazione di Paolo. Lidia probabilmente non si era mai sposata o era vedova. Grazie al suo animo generoso, ebbe l’opportunità di godere della preziosa compagnia dei missionari Paolo, Sila e Luca (At 16:15).

commerciante di porpora Può darsi che Lidia commerciasse oggetti color porpora, come stoffe, abiti, tendaggi, la tintura stessa e altri prodotti. Era originaria di Tiatira, città di una regione dell’Asia Minore occidentale chiamata Lidia. Un’iscrizione rinvenuta a Filippi attesta la presenza in questa città di un’associazione di commercianti di porpora. Gli abitanti della Lidia e delle zone circostanti erano rinomati fin dal tempo di Omero (IX o VIII secolo a.E.V.) per la loro abilità nel tingere le stoffe con la porpora. Lidia doveva essere una commerciante affermata e benestante, dato che la sua attività richiedeva un certo capitale e che aveva un’abitazione abbastanza grande da ospitare quattro uomini, cioè Paolo, Sila, Timoteo e Luca. L’espressione “insieme alla sua casa” potrebbe indicare che viveva con dei familiari o anche che aveva schiavi e servitori (At 16:15). E il fatto che, prima di lasciare la città, Paolo e Sila si siano incontrati con alcuni fratelli a casa di questa donna ospitale fa pensare che la sua abitazione fosse diventata un luogo in cui si riunivano i primi cristiani di Filippi (At 16:40).

Geova le aprì pienamente il cuore Lidia è definita adoratrice di Dio, il che indica che era una proselita (At 13:43). Quel Sabato lei e altre donne si erano radunate in un luogo di preghiera presso un fiume fuori Filippi (At 16:13). Può darsi che a Filippi ci fossero pochi ebrei e non ci fosse una sinagoga. Forse Lidia era venuta in contatto con l’adorazione di Geova nella sua città natale, Tiatira, che ospitava una folta comunità ebraica e aveva un luogo di culto ebraico. Geova, il Dio che adorava, notò che stava ad ascoltare con attenzione. (Vedi App. C3 introduzione; At 16:14.)

Geova le aprì pienamente il cuore Lidia è definita adoratrice di Dio, il che indica che era una proselita (At 13:43). Quel Sabato lei e altre donne si erano radunate in un luogo di preghiera presso un fiume fuori Filippi (At 16:13). Può darsi che a Filippi ci fossero pochi ebrei e non ci fosse una sinagoga. Forse Lidia era venuta in contatto con l’adorazione di Geova nella sua città natale, Tiatira, che ospitava una folta comunità ebraica e aveva un luogo di culto ebraico. Geova, il Dio che adorava, notò che stava ad ascoltare con attenzione. (Vedi App. C3 introduzione; At 16:14.)

fedele a Geova Il fatto che Lidia fosse una proselita (come mostra l’approfondimento nel versetto precedente) porta alla logica deduzione che avesse in mente Geova. Grazie alla predicazione di Paolo aveva appena sentito parlare di Gesù Cristo, ma non aveva ancora dimostrato di essere fedele a Gesù. Sembra quindi logico che le sue parole fossero un riferimento alla fedeltà al Dio che già adorava, Geova. (Vedi App. C3 introduzione; At 16:15.)

uno spirito, un demonio di divinazione Lett. “uno spirito pitone”. “Pitone” era il nome del mitologico serpente o drago a guardia del tempio e dell’oracolo di Delfi, in Grecia. Il termine pỳthon finì per indicare una persona in grado di predire il futuro e anche lo spirito che parlava per mezzo di lei. Anche se in seguito assunse il significato di “ventriloquo”, qui in Atti è usato in riferimento al demonio che permetteva a una ragazza di praticare l’arte della predizione.

predicendo il futuro O “praticando l’arte della predizione”. La Bibbia fa rientrare nella categoria di coloro che sostengono di avere la capacità di predire il futuro i sacerdoti che praticavano la magia, gli individui che praticavano la divinazione, gli astrologi e simili (Le 19:31; De 18:11). Le Scritture Greche Cristiane menzionano demòni che predicono il futuro solo in riferimento a quanto accaduto qui a Filippi. I demòni si oppongono a Dio e a coloro che fanno la sua volontà, quindi non c’è da sorprendersi se Paolo e Sila subirono una violenta opposizione a seguito dell’espulsione di questo demonio (At 16:12, 17-24).

piazze O “luoghi di mercato”, “luoghi di raduno”. Il termine greco agorà è qui usato in riferimento a un luogo all’aperto dove anticamente nelle città e nei villaggi del Medio Oriente e del mondo greco-romano si comprava, si vendeva e si tenevano riunioni pubbliche.

piazza Lett. “agorà”. Situata a NO dell’Acropoli, l’agorà di Atene si estendeva per circa 50.000 m2. Non era solo un luogo di mercato dove comprare e vendere. Era il cuore della vita economica, politica e culturale della città. Gli ateniesi amavano ritrovarsi in questo centro della vita pubblica per intrattenersi in conversazioni dotte.

piazza O “foro”. Il termine greco agorà è qui usato in riferimento a un luogo all’aperto dove anticamente nelle città e nei villaggi del Medio Oriente e del mondo greco-romano si comprava, si vendeva e si tenevano riunioni pubbliche. Questo racconto di ciò che accadde a Filippi fa pensare che lì si trattassero anche certe questioni giudiziarie. Gli scavi compiuti a Filippi indicano che la Via Egnatia attraversava la città ed era fiancheggiata da un foro di notevoli dimensioni. (Vedi approfondimenti a Mt 23:7; At 17:17.)

magistrati Il plurale del termine greco strategòs qui denota i funzionari di più alto rango nella colonia romana di Filippi. Questi avevano il compito di mantenere l’ordine, amministrare le finanze, processare e giudicare i trasgressori della legge, e comminare le pene.

Filippi In origine si chiamava Crenide (Krenides). Verso la metà del IV secolo a.E.V. Filippo II il Macedone (padre di Alessandro Magno) conquistò la città dopo aver sconfitto i traci e le diede il suo nome. Nella zona c’erano ricchi giacimenti d’oro, e furono coniate monete d’oro con il nome di Filippo. Verso il 168 a.E.V. Lucio Emilio Paolo sconfisse Perseo, ultimo re di Macedonia, e conquistò Filippi e la regione circostante. Nel 146 a.E.V. tutta la Macedonia era diventata un’unica provincia romana. La battaglia in cui Ottaviano e Marco Antonio sconfissero gli eserciti di Bruto e Cassio, assassini di Giulio Cesare, ebbe luogo nella pianura di Filippi (nel 42 a.E.V.). In seguito, a ricordo della grande vittoria riportata, Ottaviano elevò Filippi a colonia romana. Quando qualche anno dopo Ottaviano fu insignito dal senato romano del titolo di Cesare Augusto, chiamò la città Colonia Augusta Iulia Philippensis. (Vedi App. B13.)

siamo romani La città di Filippi era una colonia romana, e questo garantiva ai suoi abitanti molti privilegi, fra i quali forse una forma parziale o secondaria di cittadinanza romana. Questo potrebbe spiegare perché i filippesi sembravano nutrire un enorme attaccamento per Roma. (Vedi approfondimento ad At 16:12.)

parola di Geova Questa espressione affonda le sue radici nelle Scritture Ebraiche. Lì la combinazione del termine ebraico per “parola” e del nome divino ricorre in circa 200 versetti. (Alcuni esempi si trovano in 2Sa 12:9; 24:11, nt.; 2Re 7:1; 20:4, nt.; Isa 1:10, nt.; 2:3; 28:14; 38:4, nt.; Ger 1:2, nt.; 2:1, nt.; Ez 1:3, nt.; 6:1, nt; Os 1:1, nt.; Mic 1:1, nt.; Zac 9:1.) Nel passo di Zac 9:1 presente in un’antica copia della Settanta, il termine greco lògos è seguito dal nome divino scritto in caratteri paleoebraici (). Il rotolo di pergamena che contiene questo passo — rinvenuto nel deserto della Giudea vicino al Mar Morto, presso Nahal Hever, in Israele — è datato tra il 50 a.E.V. e il 50 E.V. Nell’App. C3 introduzione e At 8:25 si trovano le ragioni per cui la Traduzione del Nuovo Mondo usa l’espressione “parola di Geova” nel testo di At 8:25 nonostante molti manoscritti greci riportino “parola del Signore”.

furono subito battezzati Il carceriere, come pure i suoi, non era ebreo e probabilmente non aveva familiarità con le fondamentali verità scritturali. Dopo averlo esortato con le parole “credi nel Signore Gesù”, Paolo e Sila annunciarono a lui e alla sua famiglia “la parola di Geova”, senza dubbio in modo esauriente (At 16:31, 32). Questo influì profondamente su di loro: si legge infatti che già quella notte avevano “creduto in Dio”, ovvero erano arrivati ad avere fede in lui (At 16:34). Non era quindi fuori luogo che venissero subito battezzati. Come si desume da At 16:40, quando Paolo e Sila lasciarono Filippi, Luca non continuò il viaggio con loro. (Vedi approfondimento ad At 16:10.) Forse Luca ebbe modo di rimanere un po’ di tempo a Filippi per dare ulteriore aiuto ai nuovi cristiani della città.

cercammo Fino a At 16:9, la narrazione del libro degli Atti è fatta in terza persona, quindi lo scrittore Luca riferisce solo ciò che altri hanno detto o fatto. Qui in At 16:10, tuttavia, si assiste a un cambiamento della tecnica narrativa. Da questo punto in poi Luca si include nel racconto, e usa la prima persona plurale in porzioni del libro che riferiscono avvenimenti durante i quali evidentemente era con Paolo e i suoi compagni di viaggio. (Vedi approfondimento ad At 1:1 e “Introduzione ad Atti”.) La prima volta che Luca accompagnò Paolo fu da Troas a Filippi all’incirca nel 50, ma, quando Paolo lasciò Filippi, Luca non era più con lui (At 16:10-17, 40; vedi approfondimenti ad At 20:5; 27:1).

guardie Il termine greco rhabdoùchos, che significa letteralmente “portatore di bastone”, si riferiva a un ufficiale subalterno che aveva il compito di scortare i magistrati romani in pubblico e di eseguirne gli ordini. Il termine latino corrispondente era lictor. I littori romani avevano alcune mansioni simili a quelle dei poliziotti di oggi, ma erano costantemente al servizio del magistrato, da cui non si dovevano allontanare. Non erano soggetti alle dirette richieste della gente ma eseguivano esclusivamente gli ordini del magistrato.

romani Cioè cittadini romani. Paolo e a quanto pare anche Sila erano cittadini romani. La legge romana stabiliva che un cittadino aveva sempre diritto a un processo equo e che non doveva mai essere punito pubblicamente senza essere stato prima condannato. Chi possedeva la cittadinanza romana godeva di certi diritti e privilegi all’interno di tutto il territorio dell’impero. Un cittadino romano era soggetto alla legge romana, non a quella delle singole province. Quando veniva accusato, poteva accettare di essere giudicato secondo le leggi locali, ma conservava comunque il diritto di essere udito da un tribunale romano. In caso di reato capitale, poteva appellarsi all’imperatore. L’apostolo Paolo predicò estesamente nell’impero romano. La Bibbia riporta tre occasioni in cui si avvalse dei suoi diritti di cittadino romano. La prima è questa: qui a Filippi Paolo dice ai magistrati della città che picchiandolo hanno violato i suoi diritti. (Per le altre due occasioni, vedi approfondimenti ad At 22:25; 25:11.)

un romano Cioè un cittadino romano. Questa è la seconda delle tre occasioni riportate nella Bibbia in cui Paolo si avvalse dei suoi diritti di cittadino romano. Di solito Roma non interferiva molto negli affari interni degli ebrei. Nel caso di Paolo, comunque, i romani intervennero non solo perché era scoppiata una rivolta quando era andato nel tempio ma anche perché era cittadino romano. La cittadinanza garantiva determinati privilegi che venivano riconosciuti in tutto l’impero. Ad esempio, era illegale trattenere o percuotere un cittadino romano senza che fosse stato prima condannato, dato che un trattamento del genere era riservato solo agli schiavi. (Per le altre due occasioni, vedi approfondimenti ad At 16:37; 25:11.)

Mi appello a Cesare! Nella Bibbia questa è la terza volta che Paolo si avvale dei suoi diritti di cittadino romano. (Per le altre due occasioni, vedi approfondimenti ad At 16:37; 22:25.) Ci si poteva appellare a Cesare non solo dopo una condanna, ma anche prima, durante il processo. Festo aveva dimostrato di non voler decidere personalmente la questione, e un processo a Gerusalemme non dava nessuna garanzia di giustizia. Paolo fece perciò formale richiesta di essere giudicato dalla più alta corte dell’impero. Pare che in alcune circostanze l’appello potesse essere negato, per esempio nel caso di ladri, pirati o sediziosi colti in flagrante. Forse per questo Festo conferì “con i suoi consiglieri” prima di accogliere l’appello (At 25:12). La successiva udienza alla presenza di Erode Agrippa II, che era lì in visita, servì a Festo per avere informazioni più precise sul caso di Paolo da trasmettere ad “Augusto”, Nerone (At 25:12-27; 26:32; 28:19). L’appello di Paolo servì a un altro scopo: arrivare a Roma, secondo l’intenzione espressa in precedenza (At 19:21). La promessa profetica che Gesù aveva fatto a Paolo e il messaggio angelico ricevuto in seguito confermano entrambi l’intervento divino nella vicenda (At 23:11; 27:23, 24).

Galleria multimediale

Neapoli
Neapoli

La foto mostra l’odierna città di Kavála, costruita dove un tempo sorgeva Neapoli. Ubicata all’estremità settentrionale dell’Egeo, Neapoli era il porto della vicina Filippi, città a nord-ovest. Fu proprio a Neapoli che l’apostolo Paolo sbarcò quando si recò per la prima volta in Europa in risposta all’invito: “Vieni in Macedonia” (At 16:9, 11, 12). Probabilmente Paolo passò nuovamente da Neapoli in occasione del suo terzo viaggio missionario (At 20:2, 6). Oggi non ci sono molti resti della città romana, ma i visitatori possono percorrere alcuni tratti della vicina Via Egnatia, strada costruita dai romani. Questa arteria stradale era una delle principali vie di comunicazione da est a ovest: era lunga circa 800 km, collegava numerose città d’Europa e permetteva di raggiungere il confine con l’Asia. Diverse città visitate da Paolo si trovavano lungo la Via Egnatia; tra queste c’erano Neapoli, Filippi, Anfipoli, Apollonia e Tessalonica (At 17:1).

Luogo di preghiera nei pressi di Filippi
Luogo di preghiera nei pressi di Filippi

La foto mostra il Crenide (Krenides), corso d’acqua che scorreva appena fuori la Porta di Crenide, porta occidentale dell’antica Filippi. Potrebbe trattarsi del “fiume” presso il quale Paolo predicò a delle donne che si erano radunate per pregare. Ci sono comunque ipotesi diverse sull’esatta ubicazione di questo “fiume” (At 16:13-15).